Magazine Fotografia

L;a cura

Da Marcoscataglini
Picture La maggior parte dei fotografi pensa probabilmente che la fotografia sia una malattia, piuttosto che una cura. Quando ti “ammali”, inizi a spendere soldi in attrezzature, a girare come una trottola a scattare immagini, passi ore ed ore a parlare con gli amici di fotografia, compri dieci riviste e venti libri di argomento tecnico, vai alle mostre, eccetera eccetera, in un giro vorticoso che ogni appassionato ben conosce. Però poi quando, come accade spesso nella vita, attraversi un momento negativo, ti senti triste e depresso, allora scopri -con una certa soddisfazione – che la fotografia può anche aiutarti a sentirti meglio, ed addirittura a guarire. 
In questi tempi di crisi, sono molti i fotografi in depressione. Non ci sono i soldi da spendere per viaggi importanti o (tantomeno!) per acqistare nuove attrezzature, rinnovare gli accessori, e così via. Chi poi fotografa per professione, è messo anche peggio: vede il proprio lavoro contrarsi, e  deve sforzarsi di inventare cose nuove, a cercare nuove strade per sopravvivere (in fondo, però, questo è anche il bello di un  mestiere del genere). Ci sono in giro molte persone che vivono l’attuale momento storico, politico ed economico con notevole preoccupazione. Se vi fate un giro su internet, soprattutto su siti americani, vedrete che ci sono in giro tantissimi professionisti preoccupati, mentre anche i dilettanti ragionano su come ridurre l'impatto che un hobby come la fotografia può avere sul budget familiare. Ovviamente, non sono solo i fotografi ad essere infelici: chi si trova in difficoltà a pagare il mutuo, o a dare da mangiare ai propri figli, chi guardandosi intorno pensa che non avrà una seconda possibilità solo perché ha superato i 45 anni di età, è normale che provi sentimenti negativi. Operai, insegnanti, precari, operatori di call center, pensionati... tutti hanno di che riflettere. Se queste stesse persone hanno anche la passione della fotografia, spesso la accantonano, pensando che ci siano “cose più importanti” a cui pensare, dato il momento storico. Beh, lasciatemi dire che è un errore: la fotografia guarisce, per davvero! Pensate che esiste anche un centro per la Photo Therapy: e badate che non scherzo! D’altra parte, come scrive Judy Weiser, psicologa e Arteterapeuta canadese, “le fotografie contengono molti più significati di quanto i dettagli contenuti nella loro superficie visuale suggeriscano. Perfino le usuali, “quotidiane” fotografie sono invisibilmente imprintate e imbevute di emozioni, speciali segreti, e codici simbolici privati che una persona estranea non potrebbe mai pienamente afferrare. Tutte le foto che le persone scattano e tengono, sia per scopi artistici o semplicemente le proprie comuni foto personali o familiari, sono proprio come “specchi della memoria”, che servono come segnali di quello (e di chi) è stato più importante, e più tardi come talismani che trattengono lo svanire del tempo che avanza”. Quando fotografiamo noi in prima persona la fotografia ci offre la possibilità di guardarci intorno, di esprimerci, di sfogare le frustrazioni, di concentrarci su un liberatorio gesto creativo, di mettere a fuoco i problemi ed indagare vie d’uscita. E’ proprio questo, dunque, il momento di prendere la fotocamera ed uscire, di guardarsi intorno liberamente, di lasciarsi ispirare da ogni cosa: non è il momento della foto ragionata e curata, è meglio lasciar emergere il nostro lato anarchico e ribelle, quello che ci svela più cose di noi di quante ne conosciamo. Non pensate anche voi che guardando le foto scattate da qualcuno si possano intuire le sue preferenze, le sue inclinazioni, il suo modo di pensare e vivere la vita? Quando fotografiamo, fotografiamo sempre noi stessi. Ogni foto è un po’ anche un autoritratto. Lasciate fluire la vostra passione, fotografate, attraverso i soggetti che incontrate, anche le tristezze, le difficoltà e le preoccupazioni che magari in questo momento vi riempiono la testa. Di certo, male non fa: è come una cura omeopatica per l’anima. Anche se scommetto che non avevate mai pensato alla fotografia come ad una pillola di zucchero da far sciogliere lentamente sotto la lingua!

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