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La ricetta d'altronde, per salvare Atene è austerità, austerità e austerità.
E i risultati, come ci ha raccontato Iacona e i suoi giornalisti di Presa diretta, sono sotto gli occhi di tutti.
150000 dipendenti pubblici tagliati in 3 anni.
1 milione di disoccupati
tagli ai salari minimi a 500 euro, blocco delle assunzioni e taglio agli stipendi dei dipendenti pubblici.
Le attività commerciali chiudono ogni giorno perchè la gente non può spendere, e se la gente non può spendere lo stato incassa meno tasse, dunque, per rientrare nel deficit deve varare nuove misure.
La formula è semplice: la tassazione aumenta al 45%, i redditi scendono del 30%.
Mentre si allungano le code negli uffici di collocamento e per ottenere un pasto gratis, per strada vedi le tracce della povertà.
Nelle poche industrie gli operai dovranno accettare le nuove norme sulla contrattazione: via i contratti nazionali per lasciare li posto alle contrattazioni individuali.
La cura della Troica sta portando la Grecia, ma anche il Portogallo (e chissà, forse magari anche l'Italia) verso una spirale negativa verso un default interno.
E' vero: la Grecia non ha fatto i compiti in questi anni. Aiutata probabilmente anche dalle banche, ha truccato i conti e ha vissuto sopra le proprie possibilità (si dice lo stesso dell'Italia). Ma a chi giova un suo fallimento?
I tedeschi, il blocco industriale, il blocco conservatore che proprio sugli aiuti alla Grecia si è spaccato, dice che "debbono imparare a nuotare da soli".
Ma quello che importa, credo di aver capito, è evitare l'effetto domino, cioè il crack della Grecia e in seguito dell'Italia, della Spagna, del Portogallo .. meglio isolare la malattia.
Si, basta intendersi su quale è stata la malattia greca: forse la stessa che ha colpito l'Italia (e la sanità campana).
Cattivo uso dei soldi pubblici, corruzione, evasione, malapolitica. Pagheranno mai le loro colpe politiche e sociali, i politici ellenici?
La BCE, come l'unione dovrebbe preoccuparsi di curare il malato anche per queste malattie, anzichè puntare al rientro dal deficit.
Visto che la "cura da cavallo" sta uccidendo anche l'allievo modello dell'Europa, il Portogallo.
Qui trovi le stesse scene della Grecia: imprese commerciali che falliscono (ma crescono i negozi che comprano oro), aumento della povertà percepita, file di fronte all'Inps portoghese per la richiesta di sussidi (che anche qui sono stati tagliati, come pure sono state tagliate le pensioni).
Il debito è schizzato fino a 180 miliardi: forse vuol dire che i compiti assegnati ai paesi poveri erano sbagliati, e chi pagherà per queste decisioni?
Per le persone che, per la crisi non riescono a pagare l'affitto e perderanno la casa, e non riusciranno ad ottenere le prestazioni sanitarie per i tagli dello stato alla sanità (1,2 miliardi di euro tagliati). Come a Napoli, anche a Lisbona vedi le stesse scene: ospedali presi d'assalto, malati nelle corsie, persone che non riescono a ricevere le cure necessarie.
Ma è un'altra la riflessione da fare: questa crisi e la susseguente cura, stanno colpendo in modo diseguale le persone, allargando la forbice tra l'ex ceto medio che sta sprofondando nella povertà e i ricchi, che la crisi l'hanno sentita poco.
In Grecia, come in Italia.
In Italia guai a parlare di patrimoniale, di far pagare qualcosa di più agli scudati, di un'inasprimento delle pene per gli evasori, del ripristino del reato di falso in bilancio.
Guai a mettere delle regole alla macchina della politica, su rimborsi, trasparenza, costi ed etica.
Dobbiamo fare più sacrifici: ma per chi, per il paese o per salvare la prima classe del Titanic?
Lisa Iotti ha raccolto l'intervista di Mario Soares, il padre della repubblica lusitana.
"la politica d'austerità non porta a niente perchè sono misure contro le persone povere, che producono recessione e disoccupazione in tutti i paesi poveri .. ".
La crisi, continua Sorares, riguarda tutti, paesi ricchi e paesi poveri e si passa solo con la solidarietà tra i paesi: serve un progetto di democrazia e pace sociale. Senza solidarietà è la stessa pace che è in gioco, la politica della Merkel è pericolosa per la Merkel stessa.
"Chi ha pagato per la riunificazione della Germania? Noi. Dopo due guerre mondiali vogliamo un'altra guerra?".
L'intervista si conclude con una frase che andrebbe incorniciata, per tanto è bella: "a me interessano le persone e non i mercati".
Illusoria, forse.
Ma qui in Italia intanto pensano che per uscire dalla crisi industriale serva tagliare le tutele dell'articolo 18, per permettere a qualche altro Marchionne di venire a fare il salvatore della patria.
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