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La diagnosi prenatale e l’ipocrisia di chi è “contro le differenze”

Creato il 04 giugno 2013 da Uccronline

Bambino downIl 4 maggio 2013 abbiamo posto una domanda ai grandi volti noti della televisione, come Jovanotti, Claudio Bisio, Diego Abatantuono ecc., che si sono impegnati nella Giornata mondiale delle persone con sindrome di Down per abbattere i pregiudizi e invitare a guardare con occhi diversi queste persone. Abbiamo chiesto loro se avessero anche la coerenza di condannare l’aborto selettivo (o eugenetico) verso queste persone e la discriminazione delle leggi dello Stato che lo permettono. Secondo una accurata indagine del prof. Benedetto Rocchi, professore di economia all’Università di Firenze, il numero è stato tra i 799 e 1309 di bambini down abortiti (stima “pessimista”) nell’anno 2009.

Potremmo anche chiedere alle scalmanate femministe moderne di condannare la diagnosi prenatale che, tra le altre informazioni, individua anche il sesso del bambino e anche nei Paesi occidentali conduce molto spesso all’aborto di bambine: «Se qualcuno sa a cosa serve sapere il sesso del feto a 8 settimane se non ad abortirlo – quando non è del sesso gradito – nei tempi permessi dalla legge, ce lo dica», afferma Carlo Bellieni, neonatologo presso l’Università di Siena, «con buona pace poi delle femministe che ben sanno rispondere a questa domanda, e che ben sanno quale è il sesso più abortito in troppe parti del mondo». Nessuna risposta perché tutto fa parte della grande fiera dell’ipocrisia allestita dai media ogni giorno, d’altra parte le stesse femministe sono a favore delle adozioni gay, ovvero della la menzognera condizione per cui un uomo può tranquillamente sostituire una donna (una madre) nella crescita di un bambino, non avendo quest’ultima nessuna capacità propria.

La diagnosi prenatale è una vera e propria caccia agli anomali, alla faccia dell’abolire le differenze come oggi va di moda nei titoli di “Repubblica” e del “Corriere”. Gli esami per fare l’identikit genetico del feto umano aumentano di numero e di complessità anno dopo anno, spiega ancora Bellieni. Con essa il bambino è “schedato “, “braccato“, -pardon, “seguito” – dal suo concepimento, come hanno scritto in un appello i maggiori esponenti della medicina francese: la diagnosi prenatale è divenuta un «mercato della paura». Tanti esami e tante combinazioni di test tutti mirati a ricercare il feto con anomalie genetiche. Tanta ricerca e tanto denaro destinato all’unico fine di scoprire se il feto è come si deve, e come si deve volere, l’ideologia del “figlio perfetto”.

Tuttavia in America le cose sembrano iniziare ad incrinarsi: la rivista del Massachussets institute of technology del 23 aprile si è interrogata sul diritto alla privacy del feto di fronte alla prospettiva di analizzare tutti i tratti genetici prima che nasca:«Quanti genitori abortiranno un feto destinato a essere un adulto calvo? Non credo molti. Ma più di zero», ha scritto l’autore. Dal 26 marzo, inoltre, il Nord Dakota è diventato il primo stato a proibire l’aborto proprio in base ai test genetici, con un particolare riferimento alla sindrome Down.

Ecco il vero abbattimento delle differenze! Chissà quando sentiremo qualche “vip” o leggeremo su qualche quotidiano progressista la frase: “Non abortire un diverso, accoglilo!”.

La redazione


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