Partiamo dalla sua storia, così incredibile che finisce addirittura sulle pagine di “Sette“, il magazine del Corriere della Sera. Morrison è un diabetico e quindi fin da bambino, durante i timeout delle partite si controlla la glicemia e se serve, si fa un’iniezione di insulina. Oltre a questo, Morrison è un personaggio particolare: studia tanto e si dedica a letture impegnative. I suoi libri favoriti sono “L’arte della guerra” di Sun Tzu, “L’autobiografiadi Malcolm X“, “La ricchezza delle nazioni” di Adam Smith, gli scritti di Che Guevara e “Il manifesto“. Morrison è rimasto affascinato da Karl Marx da quando studiò la Rivoluzione Russa alla High School di Mead a Spokane, al punto che ha un manifesto di Marx in camera da letto.
Nell’Nba le cose però sono andate completamente a sud. Nel’anno da rookie a Charlotte viaggia a 12 di media in 30 minuti col 37% da tre (anche una gara da 30 punti contro Indiana) ma già vengono a galla tutti i suoi limiti difensivi e di atletismo, tanto che dopo 29 gare finisce in panchina. L’anno dopo non gioca per la rottura del legamento crociato e nel febbraio 2009 viene ceduto ai Lakers. Con i gialloviola vince due titoli (2009 e 2010) ma raramente vede il campo e quando gioca, è un disastro, un colpo al cuore per chi l’ha visto dominare a Gonzaga. L’anno scorso viene tagliato al training camp dei Wizards ed ora si gioca la carta Europa. Probabilmente un livello di gioco meno atletico ma più tecnico ed agonistico, l’ideale per Morrison, che ha bisogno soprattutto di ritrovare morale, convinzione e quella mentalità vincente che lo ha sempre contraddistinto. In campo e nella vita.