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La diversità non privazione ma risorsa per tutti

Da Agueci

L’uomo geneticamente uguale per dignità

Camminando oggigiorno per le nostre città e paesi non possiamo fare a meno di imbatterci con persone provenienti da diverse parti del mondo.  Questa presenza suscita in ognuno di noi pensieri e sentimenti contrastanti, a seconda la nostra preparazione culturale, umana e spirituale. Le differenze, tuttavia, non possono mai essere considerate come povertà ma devono essere guardate e vissute come risorsa che arricchiscono le parti, anche se, una o più, rappresentano la/e minoranza/e.

Premesso che ontologicamente ogni uomo e popolo hanno una completezza propria perché facenti parte della progenie umana e sono dotati di dignità a pieno titolo, non esiste uomo che sia inferiore all’altro suo simile e debba a lui essere sottomesso. Nella storia, purtroppo, singoli ed etnie, sono stati visti con occhio di sudditanza e considerati di rango inferiore e sottoposti al altre culture egemoni (colonialismo, schiavismo…).

Ogni etnia e ogni essere umano hanno un patrimonio che non necessariamente è condivisibile con altri. Dovuto all’ambiente al quale l’uomo appartiene, e al fattore genetico dal quale proviene, egli ha in sé qualcosa che altri suoi simili non hanno, hanno anzi qualche cosa in una visione diversa.

Ogni uomo, quindi, ogni cultura è una somma di conoscenze e di etnie diverse. Egli porta con sé questo bagaglio enciclopedico, dovunque si trovi a vivere. Sotto questo aspetto anche l’emigrazione è cultura perché ogni uomo, dovunque vada a vivere, porta con sé, cosciente o no, questa ricchezza. Proprio perché ricchezza connaturata, nessun essere umano può togliere questo patrimonio che lo configura sempre e dovunque.

Ci chiediamo, allora, se l’emigrazione è cultura e l’etnia diversa è un patrimonio, aggiunto alla nostra cultura, perché contrastarla, lottarla, piuttosto che difenderla e approfittarne per una nostra visione più ampia e arricchente?

La risposta sta nei modi diversi di vedere e accogliere l’”altro”: ignoranza, paura, capacità di confrontarsi dialetticamente con chi è “diverso” da noi, egoismo egemonico, ci portano a valutare la diversità come povertà piuttosto che ricchezza. Chi ha paura vuol dire che non è sicuro di sé e chi non ha basi solide non può escludere l’altro da una dinamica esistenziale e migliorativa.

La diversità deve essere considerata come complementarietà e, in un cammino dialettico, deve portare alla completezza umana, sociale, economica, spirituale. La diversità, allora, attraverso l’homo movens, deve condurre l’uomo a considerarsi ed essere considerato cittadino del mondo e,  l’essere cittadino di tutte le nazionalità, deve portare tutti ad avere interesse perché ogni parte del pianeta abbia la sua corretta valorizzazione. Solo il cittadino che si considera appartenente al pianeta può arricchirsi e arricchire gli altri suoi simili e lavorare perché nel mondo ci sia maggiore armonia e, quindi, più pace e meno guerre, lavorare di più perché l’ecosistema sia da tutti salvaguardato e tutto questo nelle diversità etniche, di religione, di lingua, ecc. Questa non è utopia, è giustizia, è diritto di ogni uomo e popolo, partendo dalle sue priorità naturali, per colmare i bisogni di fame e sete, di qualunque genere, non solo fisici, connaturati in ogni essere umano.

SALVATORE AGUECI


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