Dobbiamo certo concedere al ministro che il peso dell’incuria in cui versa uno dei siti archeologici più visitati d’Italia non posa principalmente sulle sue spalle: da anni e da più parti, oramai, sentiamo molte e autorevoli voci denunciare lo stato di abbandono e sottofinanziamento in cui versano gli scavi di Pompei ed Ercolano, per cui a nessuno di noi è possibile tirarsi indietro e dire “io non sapevo.” A maggior ragione, però, in questo contesto il ministro competente non può permettersi una giustificazione del tipo di quella usata da Bondi in un’intervista a Repubblica:
"Nel corso di uno degli ultimi Consiglio dei ministri ho posto seriamente il problema di assicurare risorse sufficienti a garantire la sopravvivenza di alcuni servizi fondamentali, a partire dalla tutela del nostro immenso patrimonio culturale e il sostegno al cinema e allo spettacolo. Il presidente del Consiglio, il ministro dell’Economia e il dottor Gianni Letta hanno assicurato la propria attenzione, compatibilmente con le condizioni del bilancio pubblico. Io non alzo mai la voce, ma il mio appello è stato pressante, forte e motivato".
Evidentemente questo appello non è stato abbastanza pressante, forte e motivato; quantomeno, è stato tardivo. Da qui, la domanda: se un ministro dei Beni Culturali non è in grado di strappare al suo collega del Tesoro nemmeno i fondi necessari per tenere in piedi (non dico sistemare in maniera decorosa) quella che è al medesimo tempo una delle testimonianze più straordinarie e meglio conservate dell’archeologia antica e uno dei luoghi più terribili ove meditare sulla precarietà dell’esistenza umana, come può non concludere di aver fallito nel suo compito?