Fantasticando su Tevez e Guarin, su Amauri e Iaquinta, e su Gilardino e Sculli, ci si chiedeva quanto il mercato di gennaio avrebbe effettivamente modificato gli equilibri del campionato. Si elucubrava su “chi” potesse fare “cosa”, per variare l’andamento della massima competizione calcistica nazionale.
Con l’amatissimo senno di poi, possiamo dire che i protagonisti del calciomercato invernale sono stati Milan e Lecce.
Il Milan ha sbaragliato la concorrenza non comprando alcun giocatore di alto livello.
Tevez – unico tormentone invernale paragonabile ad “Ai se eu te pego” – non è sbarcato a Milano, se n’è rimasto in Inghilterra, e, fallita questa operazione, il Milan se n’è stato bello fermo.
Forte di una posizione già dominante, la squadra rossonera non ha forzato la mano alla concorrenza: non acquistando, non ha messo sulle dirette avversarie una pressione tale da indurle ad investire loro stesse una somma importante. Vincere restando immobili.
Il Lecce ha invece sbaragliato le sue dirette avversarie – attestate un 16-17 posizioni al di sotto dei rossoneri – cambiando allenatore, ed effettuando solo qualche aggiustamento funzionale al nuovo corso “tattico”.
È arrivato in Puglia, subentrando ad Eusebio Di Francesco, l’allenatore più folkloristico della Serie A: Serse Cosmi.
Il buon Cosmi, già imitatissimo in tv per il suo modo leggerissimamente ruvido di intendere il gioco del calcio, una volta arrivato in giallorosso, ha subito dichiarato che per salvare la squadra sarebbero serviti giocatori “ignoranti” (cit.).
Un luminare, un filosofo, un pioniere. Nell’era del “progetto tattico”, delle “vittorie attraverso il bel gioco”, dei distinguo tra “ripartenza” e “contropiede”, degli “esterni che si abbassano in fase di non possesso”, Serse da Perugia ci dice che servono giocatori “ignoranti”.
Prontamente prelevati Blasi, Miglionico e Delvecchio, per due spiccioli, ecco che il Lecce ha cominciato a ingranare risultati che fanno almeno sperare nella permanenza in Serie A. Merito degli “ignoranti”.
Il modo di giocare, loro e di Serse, ha permesso ai giocatori “intelligenti” – Di Michele, Muriel e Cuadrado – di liberarsi della filosofia e del troppo pensare, per poter giocare finalmente a calcio.
Rileggendo quanto sopra, capiamo di essere protagonisti di un curioso paradosso: il miglior mercato l’ha fatto chi non ha comprato.