Come fare cassa? Tagliare gli sperperi, innanzitutto. Il 15 luglio scrivevo: “Una voce mai neppure presa in considerazione è quella che fa dell’Italia il maggiore finanziatore di una confessione religiosa: tra contributi diretti e sgravi fiscali, il Vaticano costa ogni anno all’Italia circa 4 miliardi di euro”. Ma subito aggiungevo: “Questo onere è da considerare un salasso inevitabile, visto che la Casta ecclesiastica è ancor più intoccabile di quella della classe politica” (“Il paese è grato al parlamento” - Malvino, 15.7.2011).Un mese dopo, mostrando un’ingenuità che non ci si aspetterebbe da commentatori tanto acuti, Massimo Gramellini, Beppe Severgnini e Filippo Facci hanno fatto l’errore di sollevare il problema. O forse l’avranno fatto solo per saggiare l’intoccabilità della Casta ecclesiastica. Se è così, la prova ha dato esito positivo, perché la loro voce è caduta nel vuoto, come se rivedere i privilegi di cui gode la Chiesa in Italia fosse un’idea indecente, tutt’al più provocatoria, buona solo a costruire un brillante corsivo. A destra, al centro e a sinistra non s’è sentita voce di un solo uomo politico che ritenesse degna d’attenzione la questione sollevata dai tre, e le stesse gerarchie ecclesiastiche hanno pensato bene di non darvi troppo peso, per lasciar scivolare la cosa nella generale indifferenza. Quando scrivevo di un “salasso inevitabile”, mi riferivo proprio a questo: alla impossibilità del metterlo in discussione.A onor del vero, tuttavia, bisogna segnalare un cenno di fastidio, pigro e strafottente, da parte del giornale della Cei, che con un editoriale di Umberto Folena liquida l’idea di un taglio dei mostruosi privilegi dei quali godono le gerarchie ecclesiastiche nel nostro paese come “lo schizzo cattivo di un laicismo che intende eliminare ogni presenza sociale e pubblica della Chiesa” (Avvenire, 18.8.2011).Siamo alle solite. A trattare la Chiesa come una qualsiasi realtà sociale, la si uccide, o almeno così la si sente lamentare. In quanto al merito: “Fa caldo, non vogliamo dare ai nostri lettori ulteriori motivi per sbuffare. L’abbiamo scritto e riscritto fin troppe volte, dati alla mano contrapposti a vaghe stime senza fonte” . I dati alla mano sarebbero quelli offerti dallo stesso Umberto Folena in un libercolo di 80 pagine (La vera questua), scritto in risposta a La questua di Curzio Maltese, nel quale, come oggi e come sempre, non si dà vera risposta alla domanda: perché la Chiesa non deve pagare le tasse che pagano tutti gli altri? Semplicemente si elude la domanda, liquidandola come malvagia.
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