Anna Lombroso per il Simplicissimus
Hanno la battuta facile gli umoristi della domenica, di quelle che poi si smentiscono il giorno dopo, secondo un uso di governo e di opposizione, come se scivolassero fuori dalle loro bocche, vomitate senza controllo per dar loro l’impressione di esistere, di contare, di essere ascoltati, magari solo nella più oscena infamità.
Così dopo la performance animalier, ci è stata somministrata la diagnosi altrettanto bestiale dell’oncologo improvvisato dell’Ilva, il commissario Bondi che attribuisce l’incidenza di patologie cancerogene ai vizi e alle abitudini dissipate dei tarantini, troppo alcool e troppe sigarette, perché “l’enfasi sul possibile ruolo dell’impianto siderurgico sembra essere un effetto della pressione mediatico-giudiziaria, ma non ha giustificazioni scientifiche”.
Chissà se avranno scelto il 14 luglio per pronunciarsi, proprio per rammentarci la responsabilità di sopportarli, anziché esserci ribellati, e di tollerare con loro la vergogna di non averli deposti, l’onta che altri italiani di quelli che non hanno bisogno dello ius soli per essere tali, li abbiano eletti, li paghino, affidino loro incarichi di responsabilità e “super partes” sulle vite proprio di quei cittadini che oltraggiano, umiliano, offendono.
Che ci sarebbe ben poco da criticare chi eccedesse in alcool e fumo, in una città oscurata da polveri nere, dove i ragazzini muoiono di cancro dieci volte di più che nel resto d’Italia, dove vige la disciplina del ricatto: o il posto o la salute, o il salario o i diritti, dove una dinastia di marioli ha corrotto un intero ceto politico per assicurarsi profitti, per aggirare leggi e controlli, per liberarsi di doveri e responsabilità.
Non temono la ghigliottina, nemmeno il licenziamento, nemmeno le dimissioni, nemmeno le mancate rielezioni: hanno messo su un edificio di intangibilità e inviolabilità e noi glielo abbiamo lasciato fare. Permettiamo loro di dileggiarci sfrontatamente dopo averci ammalati, di farsi beffa di noi dopo averci avvelenati. La crisi economica, le emergenze ambientali e sanitarie, l’astensione e la disaffezione vengono rovesciati a loro beneficio, perché ci stanno annientando nella palude del bisogno mentre restringono sempre di più la loro cerchia, la loro enclave in un isolamento separato, lontano, intoccabile e sprezzante di noi, delle nostre vite, delle nostre critiche sempre più esili, della nostra rabbia sempre più consunta se li lasciamo fare, inoffensivi e disincantati, abituati ormai ad avere a che fare con iene e sciacalli, che i lupi almeno vanno in branco.