Poi prendo la macchina, con quel lieve timore ogni volta, di non ricordarmi più come si guidi, e inizio a guidare senza meta, mentre il sole bugiardo di febbraio mi stordisce subito attraverso i vetri.
Senza meta ma sempre verso il mare, che mi attira, lune maree e io in mezzo.
Parcheggio e scendo a respirare lo iodio che per me è ossigeno, a prendermi l’umido che si attacca subito ai capelli senza scampo, la salsedine, che pure a febbraio, si poggia sui vetri degli occhiali. Potrebbe essere il posto più bello del mondo, per il solo fatto di avere il mare, ma tutto intorno è solo cemento, puzza di piscio e giardini secchi. Pance grosse, troppo grosse, di uomini che fumano e bevono dando le spalle al mare, uomini dell’est Europa che bevono birra scadente mentre un bambino biondissimo con una tuta acetata degli anni 80 indica il mare. Due uomini si sfiorano la mano, poi smettono e si guardano intorno. Altri mi scambiano per straniera e l’unica spiegazione che sono riuscita a darmi è perché sono da sola e mediamente vestita bene, e cercano di abbordarmi dicendo “Hello baby” e ridacchiano tra di loro dicendo “Questa non ci sente”. Una signora anziana legge il vangelo seduta su una panchina, coriandoli a terra mischiati alla sabbia sporca portata dalle mareggiate. E poi vento, tantissimo vento umido e appiccicoso ma non freddo. Si intravede Capri, la Costiera è coperta da nuvole piene di pioggia. Ma il mare è brillantissimo, nonostante il cemento, le pance, la puzza di piscio e le persone di spalle.
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