(…)
ogni poesia lenta va
dall’alto in basso, dal basso
in alto. serba
la sua natura immobile, che ancora
si gira con la sua testa fiorita, bruciata,
verso il sole. l’IO
è materiale per se stesso quando
getta via la coperta e
senza esitare colpisce la mummia
al cuore. ogni poesia va su strade di formica
tra i circoli sonori della sua campana.
la sera torniamo stanchi.
la zampa di ragno
ancora trema, lanciata lontano
dal resto zoppo. un rivolo
alla finestra e gli squadroni di robinie, nella piega
già di pietra, tutto si fa scuro
d’ombra. il vento
ci inquadra sulla casa, mentre dormiamo. mentre
avvolti, piegati
torniamo strisciando alle
forme delle origini e ciò
che sulla schiena piega ancora ci
spara via sui binari innevati. qualcuno
voleva anche controllare l’acqua, qualcuno
annotava il gas. l’IO
legge il contatore di ferro, che
pende nelle vene: ogni poesia
si inchioda a ossa che cantano,
ad altezza di bambino
e racconta
