I testi seguenti, riportati per gentile concessione dell’editore, sono tratti da La domenica pensavo a Dio di Lutz Seiler, a cura di Paola Del Zoppo, Del Vecchio Editore, 2012
LA DOMENICA PENSAVO A DIO
la domenica pensavo a dio mentre
giravamo la città in autobus.
alla pozza per gli incendi sulla strada una cabina
elettrica & quaranta & tre
cavi correvano dall’aria in quella
cabina di compatti mattoni cotti; là
nella cabina sulla strada abitava dio. lo vedevo
accovacciato nel suo nido di cavi
in mezzo ai muri di mattoni
senza finestre al fondo
nel buio della strada dietro
una porta d’acciaio
sedeva il buon dio; era
infinitamente piccolo & rideva
o dormiva
(…)
Se l’occasione c’è, è possibile tirare le fila della narrazione
da qualunque punto. Per rimanere nella metafora:
arrivo da una qualsiasi presa di corrente, da ogni
spina, alla cabina elettrica. Fa tutto parte dell’argomento,
la si può chiamare “elettricità” o “Dio”, tutto è
collegato e fa parte della storia. Prima di finire nel
vortice, presi dall’impulso della storia (cosa che accade
abbastanza presto) se ne vedono i fornitori e il loro
consumo, le diverse fonti con le tariffe concorrenziali,
si sente il contatore che gira in cantina e nel sottoscala,
scala tramite la quale ogni volta si risale nella storia,
con l’intera rete degli utenti davanti agli occhi.
La poesia invece inizia spesso con un momento al
centro degli eventi, anche nel caso in cui sia incentrata
su una sequenza di suoni o su un certo ritmo.
Induce il suo argomento in modo diverso dal racconto.
Ma può comunque essere narrativa. Dopo aver letto
o ascoltato queste poesie si ha la sensazione che qualcuno
abbia raccontato qualcosa, eppure non si è in
condizione di dire univocamente di che si trattasse,
perché era tante cose insieme. Lo spazio di risonanza
di una poesia non dovrebbe essere meno ampio di
quello di un romanzo. Ogni buona poesia potrebbe
quindi essere il nucleo metaforico, ritmico o gestuale
di un romanzo. Il gesto narrativo realizza la congiunzione
con l’origine del genere, con l’epos e i suoi cantori,
congiunzione che a tutt’oggi non è risolta. Al
termine del suo intervento ad Harvard sulla narrazione,
che racchiude una critica al romanzo moderno,
Jorge Luis Borges dice: «Io credo che il poeta sarà di
nuovo un creatore. Con questo intendo dire che racconterà
una storia e la canterà. E noi non vedremo più
alcuna separazione tra questi due momenti, come non
c’era in Omero o Virgilio».
(…)
gravitazione
(trad. Paola Del Zoppo)
la distanza fa
emergere segni più duri. la gamba
trema nel sogno se senti
le foglie in strada, insetti
su piedi d’argilla. il vecchio
modo è andato, capovolto, solo
un tremito all’interno
dell’apparato. le canne
iniziano a parlare; domani
saranno distesi i serpenti.
ogni poesia lenta va
dall’alto in basso, dal basso
in alto. serba
la sua natura immobile, che ancora
si gira con la sua testa fiorita, bruciata,
verso il sole. l’IO
è materia per se stesso quando
getta via la coperta e
senza esitare colpisce la mummia
al cuore. ogni poesia
va su strade di formica
tra i circoli sonori della sua campana.
la sera torniamo stanchi.
la zampa di ragno
ancora trema, lanciata lontano
dal resto zoppo. un rivolo
alla finestra e gli squadroni di robinie, nella piega
già di pietra, tutto si fa
scuro d’ombra. il vento
ci inquadra sulla casa, mentre dormiamo. mentre
avvolti, piegati
torniamo strisciando alle
forme delle origini e ciò che
sulle schiene piegate ancora ci
spara via sui binari innevati. qualcuno
voleva anche controllare l’acqua, qualcuno
annotava il gas. l’IO
legge il contatore di ferro, che
ti pendsi inchioda a ossa che cantano,
ad altezza di bambino
e raccontare nelle vene: ogni poesia
gravitation
mit abstand
entstehen härtere zeichen. das bein
zuckt im traum, hörst du
die blätter der strasse, insekten
auf tönernen füssen. die alte
führung verschwindet, gekippt, nur
ein zucken innerhalb
des apparats. das schilf
spricht sich ein; morgen
werden die schlangen begradigt.
jedes gedicht geht langsam
von oben nach unten, von unten
nach oben. es verwahrt
seine sture natur, die sich noch
mit ihren abgebrannten blütenköpfen
nach der sonne dreht. das ICH
verkörpert sich selbst, wenn es
die decke zurückschlägt
greift es ohne zu zucken der mumie
ins herz. jedes gedicht
geht auf ameisenstrassen
durch die schallbezirke seiner glocke.
am abend kehren wir müde zurück.
das spinnenbein
zuckt noch, weit abgeschlagen
vom hinkenden rest. ein rinnsal
am fenster und die robiniengeschwader, im knick
schon versteinert, machen mit schatten
alles dicht. der wind
zentriert uns im haus, während wir schlafen. während
wir eingerollt, angehockt
zurückkriechen in
die figuren der urzeit und was
uns über den gekrümmten rücken noch
hinausschiesst auf die eingeschneiten bahnen. jemand
wollte noch das wasser kontrollieren, jemand
notierte das gas. das ICH
liest den eisernen zähler, der
dir in den adern hängt: jedes gedicht
nagt am singenden knochen, es
ist auf kinderhöhe abgegriffen
und erzählt
Lutz Seiler, è uno dei maggiori poeti contemporanei di lingua tedesca, proviene da un paesino della Turingia ormai assente dalla cartina geografica. Dopo una prima raccolta, dal titolo toccato / portato, raggiunge la fama poetica con la sua seconda raccolta, pech &blenda, il cui titolo fa riferimento alla pechblenda, isotopo 235, minerale fortemente radioattivo, estratta nelle miniere di uranio della DDR. Ora esce da Del Vecchio a cura di Paola Del Zoppo La domenica pensavo a Dio, che include i saggi omonimi e una scelta di poesie. Tra i traduttori Milo De Angelis e Federico Italiano.