Franca viene spesso accompagnata da un ragazzo di una diecina d’anni, che gioca da solo in giardino, e non le somiglia per nulla, rosso di pelo, massiccio, il viso largo e simpatico. Non parla, al contrario di Franca che è ciarliera, se interpellata, ma è suo figlio. Giovane e tutto, Franca ha già avuto un matrimonio, una dozzina d’anni fa. Un matrimonio da fiaba, dice ridendo, e infelice.Era andata sposa su nelle Alpi, nel Trentino. Come? Attraverso una commare. Una mezzana: fino a qualche anno fa era una professione, combinare i matrimoni. Che cercava spose giovani e feconde per contadini di montagna che nessuno al loro paese voleva:- Diventi padrona. Avrai terreni, animali. Lui è un brav’uomo, non lo sposano perché ha qualche anno – Col sottinteso che lassù si vive meglio, la donna è rispettata, eccetera.E così Francia andò sposa. A uno che invece, dice ora:- Era un nano – un tipo dal tronco forte. Ma la decisione era presa, Franca è una che si governa da sola, fin da ragazza, non ha potuto fare affidamento sui genitori e la famiglia, tutti per un motivo o per l’altro incapacitati, e ci si è messa con perseveranza. Ma non ce l’ha fatta.Lavorava praticamente senza interruzioni, dalle cinque del mattino, d’inverno un gelo da levare il fiato, nella puzza delle bestie e del letame. Sarchiare, seminare, falciare, legare, erba, paglia, caricare, scaricare, lavare, mungere, separare, trasportare, lavare di nuovo, spazzare il letame, lavare… Tutto il giorno. Tutti i giorni. Fino alla conclusione inevitabile:- Quello non voleva una moglie, voleva una lavorante gratis. Che gli facesse qualche figlio. – Ha preso e se ne è andata. Non avendo una casa, è tornata in paese, dai suoi. Ma si sta riorganizzando.di Giuseppe Leuzzi. Franca è giovane, piacente, attivissima. Viene ogni tanto a fare le pulizie in casa, ma sa cucinare, fare il caffè, servirlo al giusto modo. Lo sa fare anche come al Sant’Eustachio a Roma, e senza troppi trucchi: il segreto del sant’Eustachio… non lo diremo. Lavora rapida e precisa, senza servilismo e senza intromettenza. Prima di prendere i lavori in casa cuciva jeans per un appaltatore, che lavorava per ditte napoletane. Poi l’appalto è finito, il famoso lavoro à façon. O l’appaltatore non sapeva garantire le asole e le cuciture come da capitolato. O semplicemente le-a ditte-a sono-è fallite-a: non è difficile fare l’imprenditore oggi con le lavorazioni esterne, basta un piccolo capitale per fornire le stoffe, e poi, se il prodotto si vende, i lavoranti à façon vengono pagati, altrimenti si chiude lì – e forse nemmeno le stoffe si pagano, si ritirano a credito.
Non se ne può fare una colpa a Franca, che non è sciocca. Vive anche lei, come tutti, tra credenze assunte come ovvie anche se irrelate ai fatti, e dure a morire. C’è questa credenza al Sud, che al Sud la donna sia sfruttata, e al Nord rispettata. Mentre al Nord si è sempre saputo e detto. Nelle parole di Simenon, che come si sa era belga, e ne parla a proposito di sua madre (“Elisa”) e di una sua amica: “La madre van de Waele, le cui gonne pendono sul corpo come attorno a un manico di scopa, ha, come Elisa, un viso impaurito di schiava. Solo gli uomini contano in casa; un solo uomo, il padrone”.
Featured image, Anna Magnani in “Bellissima” (1951) di Luchino Visconti.