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La donna nel mondo romano

Da Bambolediavole @BamboleDiavole
Illustrazione di Antonia Emanuela Angrisani

Illustrazione di Antonia Emanuela Angrisani

La leggendaria storia della nascita di Roma, l’inizio del grande Impero Romano, il cui sviluppo e caduta saranno condizionati da due fattori fondamentali – l’influenza greco-alessandrina e la diffusione del cristianesimo – inizia, neanche a dirlo, con uno “stupro etnico”: il ratto delle Sabine.

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Il ratto delle Sabine, Giambologna – 1574-1580, Loggia dei Lanzi, Firenze (particolare)

Molti storici sostengono che la donna che viveva secondo i mores latini e lo ius romano godeva, all’interno della famiglia, di un ruolo educativo ed amministrativo che le dava una discreta autorità. Quelle di cui si hanno notizie letterarie, comunque, sono tutte mogli, amanti o figlie di intellettuali e potenti: Cornelia, madre dei Gracchi, era figlia di Scipione l’Africano; Lelia e Ortenzia erano figlie di famosi oratori, la poetessa Sulpicia, che frequentava il cenacolo letterario di Massala Corvino insieme a Tibullo e Ovidio, era figlia di Servio Sulpicio Rufo e poi Clodia-Lesbia, amante di Catullo, e Corinna, amante di Ovidio. Plotina, imperatrice filosofa, moglie di Traiano, Servilia, figlia di un console, accusata di pratiche di magia e condannata a morte da Nerone, Cleopatra regina d’Egitto, amante di Cesare e di Antonio, Elvia, saggia madre di Seneca, Pomponia Paolina, sua seconda moglie e ancora Faustina Maggiore, moglie di Antonino Pio e Faustina Minore, moglie di Marco Aurelio, Agrippina, la madre che più volte il figlio Nerone cercò di uccidere. Tutte donne di una ristretta cerchia aristocratica, di buona cultura, con precettori privati e cresciute all’ombra di uomini illustri.

Le fanciulle di ceto modesto potevano comunque frequentavano le scuole elementari pubbliche.

Nel mondo romano quindi, così come in quello greco, il rapporto autonomo tra donne e conoscenza è mediato principalmente dalla religione, che come è tipico del paganesimo occidentale era pubblica e radicata nella vita sociale. Profetesse, sacerdotesse, imperatrici-sacerdotesse, vergini, vedove, visionarie: la donna, per assumere un ruolo significativo in campo culturale doveva svincolarsi dalla famiglia tradizionale.

John William Godward: La vestale (1893)

John William Godward: La vestale (1893)

Le Vestali tenevano acceso il fuoco sacro di Vesta (la greca Estia) e facevano voto di castità per i 30 anni di durata del servizio che fu per lungo tempo statale; i culti misterici per la custodia dei morti e il culto di Cerere erano affidati alle donne; dal II secolo sec a.C. s’importa dall’Egitto il culto a sfondo erotico di Iside, malvisto dai tradizionalisti, che proponeva un immagine egualitaria della femminilità e a cui aderivano prevalentemente donne che non avevano legami familiari e straniere, ma fra i devoti si contavano anche molti uomini.

Il primo bordello legalizzato di cui si ha notizia risale invece alla fine del 500 a.C., all’epoca greca di Solone, quando in contemporanea scompariva del tutto, o quasi, la prostituzione sacra, il che dimostra che infondo non è questo il “mestiere più antico del mondo”.

Con la diffusione del cristianesimo, l’atteggiamento nei confronti delle donne viene caricato dal senso di colpa legato alla presunta impurità e debolezza che segna la loro condizione. Ma attraverso il concetto di peccato si offre una via di redenzione e di sottomissione a un Autorità maschile: di fatto le donne vengono emarginate dal culto, se ne limita l’istruzione, sono escluse dal sacerdozio e dall’insegnamento e se ne esige l’obbedienza totale: “Mulieres in ecclesiis taceant” scrive San Paolo.

Se si pensa che la Chiesa nei secoli medievali sarà l’unica istituzione occidentale, si può ben coprendere il peso e il significato di queste esclusioni. Questo è particolarmente vero per l’ebraismo vetero-testamentario e per il cristianesimo medioevale (a confronto con quello bizantino), ma lo fu un po’ meno per il cristianesimo evangelico, la cui figura femminile fu nobilitata dall’alta missione morale di portatrice del messaggio divino, e illuminata da esempi di donne sante e martiri, in parte mutuate dal paganesimo, prima tra tutte la complessa figura divina e umana di Maria, e delle altre donne presenti nel Nuovo Testamento come Maria di Magdala, Marta, la Samaritana, Elisabetta, Anna.

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Francesco Hayez, La Maddalena penitente, 1833

Per tutta la tarda antichità e l’alto medioevo la donna è stata quindi allo stesso tempo ipostatizzata dal cristianesimo ed emarginata dalla chiesa. E’ solo a partire dal XI secolo che si assiste a una lenta apertura delle porte della religione, della cultura e dell’istruzione alle donne, che porterà in ruoli di rilievo anche loro come mistiche teologhe, badesse.

Il rovescio dell’idea della santità femminile è però il rifiuto della diversità femminile, che viene ben presto associata all’eresia (non furono poche le donne coinvolte nei movimenti ereticali che si formarono a partire dal II sec. d.C. come ad esempio Marcellina, seguace di Carpocrate e Filomena seguace di Apelle) e alla magia, lascito delle culture pagane. Fomentate dalla marcata misoginia di chierici e monaci, casta culturale dell’epoca, queste idee culmineranno nella persecuzione delle “streghe”.

Biblio:

Storia di Roma – Momigliano-Schiavone, Einaudi 1989

Femminismo a Roma nel primo Impero – Sirago, ed. Rubettino

Aspetti e problemi della religione romana – G. Piccaluga, Feltrinelli

Medioevo greco-latino – Berschin, tr.it. Liguori

La filosofia antica – Adorno, Feltrinelli

La sindrome del Sultano – le prostitute nell’impero degli uomini – Oria Gargano, differenza donna


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