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Numero 6 di una serie di documentari denominata "Prima Pagina", episodio diretto da un'allora giovane Liliana Cavani (per chi scrive, tra i migliori registi italiani di sempre) che ancora non aveva esordito al cinema. E' il Ventennale della Liberazione e a lei viene commissionato di celebrare, una volte per tutte e come meritavano, il valore, il ruolo determinante e fondamentale delle Donne nella Resistenza italiana.
Accompagnato dal "Dies Irae" del Requiem di Mozart, raccontato dalla voce fuori campo di Riccardo Cucciolla, introdotto da una serie di splendidi disegni, l'inizio è dedicato alle drammatiche e toccanti lettere delle condannate a morte, indirizzate ai familiari, piene di orgoglio per le proprie gesta. E' un inizio folgorante. Le foto delle donne sono bellissime, ma tutte le donne di questo documentario sono Bellissime.
Non ci si limita a raccontare le gesta individuali. C'è un escursus storico completo, con anche menzione di alcune vicende particolarmente importanti. Sapete cosa veniva denominato come "Villa triste"? Le torture alle donne, com'è facilmente immaginabile, se possibile superavano in brutalità quelle agli uomini. La madre di Anna Maria Enriques Agnoletti racconterà degli ebrei da essa salvati a Firenze, pagando poi la cosa con la fucilazione. Marcella Ficca Monaco, moglie del medico del carcere di Regina Coeli, racconterà l'avventurosa liberazione di Sandro Pertini e Giuseppe Saragat dallo stesso carcere, insieme a diversi altri antifascisti, e se l'Italia ha avuto qualche Presidente della Repubblica che merita le maiuscole lo dobbiamo a lei. Questi due casi particolarmente approfonditi, ma poi tanti altri, come quando si parla del ruolo delle donne negli scioperi del nord nel 1944; interessante, che non conoscevo, una testimonianza dai campi di prigionia tedeschi dove vengono menzionate le persecuzioni che subirono un gruppo di donne tedesche appartenenti ad un gruppo di "studiose della bibbia" che erano oppositrici di hitler.
A quanto ho letto questo documentario, prima della storiografia, insegnò ad andare oltre, a non fermarsi a quel poco che alle donne venne riconosciuto come valore nella Resistenza. Non furono semplicemente staffette, ammesso che fosse un ruolo "semplice". In molti casi presero le armi in mano, furono a capo di importanti bande partigiane. Organizzarono, supportarono, combatterono, in prima linea o nell'ombra. E come accade anche nella vita in tempi di pace, continuavano ad essere figlie, mogli e soprattutto Madri.
Non si può ridurre a semplice pudore la ritrosia di molte di esse a raccontare di sé negli eccessi di quei giorni, eccessi che potevano essere le grandi imprese così come le indicibili torture che per molte di loro precedevano la morte. Un'influenza a questo loro understatement derivava certamente in parte da un'educazione a vivere nelle retrovie, definiamola così, ma rimane il fatto che c'è in tutte loro una sana dose di umiltà nonostante la presa di coscienza che la lotta portò loro. Una lo dice chiaramente che si dovette imparare a "... vivere i fatti storici dall'interno ... non solo subire la guerra". Guerre sempre subite da tutti così come sempre provocate solo dagli uomini.
In ogni caso, il prendere anche ruoli da protagonista, non ha tolto loro la bellezza né la sensibilità. Brava la Cavani ad inserire nelle parti finali la descrizione che una reduce dai campi di concentramento tedeschi farà di cosa significa avere fame, il senso di fame che ti perseguita e ti fa sembrare la morte come sempre più vicina ad ogni minuto. La descrizione più sentita e profonda, anche per i contenuti, che mi sia capitato di vedere o leggere.
47 minuti di Visione Formativa Obbligatoria.
Elenco delle testimonianze: Germana Boldrini, Norma Barbolini, Adriana Locatelli, Gilda Larocca, Tosca Bucarelli, Marcella Ficca Monaco, Maria Giraudo, Anna Maria Enriques Agnoletti e sua madre, Suor Gaetana del carcere di Santa Verdiana, Maria Montuoro.
Robydick
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