Devo parlarti, ora, subito. No, non posso aspettare, no. Mi calmo, ora mi calmo, basta che mi ascolti.
Meglio che non beva, non devo bere, o sì, sì, anzi sì. Un whisky, due, vediamo.
Sono calmo, ora. Calmo. Posso parlare?
È iniziata senza motivo, per gioco, forse solo per un incidente: non è così che si finisce in una fossa? Mi ci sono buttato a capofitto. E ora, ora…come ne esco, ora?
L’ho vista in foto, così bella, i tratti puliti come incisi nella neve d’alta quota, lo sguardo profondo come uno strapiombo. Non hai mai fatto un’immersione subacquea, vero? C’è un momento, quando la barriera finisce, sotto di te si apre il grande blu, immenso, senza fondo. E sei lì, sospeso come se volassi, bolle d’aria intorno alla testa e attorno un meraviglioso nulla… allora senti la voce. È il blu che ti chiama, ti attira giù, più giù, e anche se sai, sai che lì sotto c’è solo la fine, vorresti, capisci? Vorresti rispondere. Andare. Perché devi.
Ecco, così.
Le ho scritto, mi ha risposto. Con un certo contegno, né ritrosa né confidenziale. Basta così poco. A me è bastato. Ho iniziato a pensare da subito che fosse la donna per me, capisci? La donna perfetta.
È durata qualche mese, solo scambiando parole: e più le mie diventavano calde, più le sue rispondevano. Più chiedevo, più lei mi dava. Non facevo che pensare a lei, giorno, notte… ah, la notte! Non dormivo più, sai. A qualunque ora scrivessi, lei era lì, pronta a rispondermi. Se la immaginavo in sottoveste, l’aveva addosso, se la pensavo sotto la doccia, c’era già l’acqua che scrosciava.
Noi uomini, sai… siamo limitati, le nostre fantasie sono sempre le stesse. Bevo qualcos’altro, aspetta.
Cosa dicevo… Sì, non ci dormivo la notte. Ma soprattutto, più di ogni altra cosa, avevo bisogno di lei. La mia donna perfetta. Dovevo incontrarla, vederla, prenderla. E tenerla. Ho insistito, e molto, ma lei prendeva tempo, diceva -aspettiamo ancora un po’; diceva -voglio esser sicura. E quando le chiedevo di cosa, rispondeva -di essere proprio quello che desideri. Capito? Ma io ero convinto, convinto fin nel midollo che lei fosse la donna perfetta.
E ieri ci siamo incontrati.
Lei non era bella come nelle foto. Era radiosa, magnifica. Era – è – indescrivibile. La grazia assoluta nei movimenti, nei vestiti, nel tono di voce. Aveva persino un profumo –forse gliene avevo parlato io – che mi ricordava i gelsomini di notte, quando le finestre sono aperte sul buio, un profumo che mi scuote l’anima.
Quando ci siamo seduti nel bar, i suoi gesti erano come una danza, perfetti. La gonna di seta sollevava onde perfette. E io ero perfettamente incantato. Abbiamo parlato, per un tempo infinito. E poi le ho preso la mano dalle dita perfette.
Per questo occorre una nuova tipologia di contratto, mi ha detto; e intanto la mano si raffreddava, lo sguardo si spegneva. Non ho capito, le ho chiesto di ripetere. E lei ha ripetuto, docile. Un nuovo contratto. Una specie di leasing. Mi sentivo scoppiare la testa…la testa! Avevo un alveare dentro, un ronzio continuo, api impazzite e non sapevo più cosa facevo. Mi ha chiesto la carta di credito, l’ha infilata in una fessura nascosta in un bracciale: gli occhi perfetti sono tornati a brillare, la mano mi ha accarezzato delicatamente le dita, e mi ha sussurrato Andiamo?
Io, allora… io sono scappato. Ho cancellato tutto, tutti i messaggi, anche il mio account. Voglio andarmene, via, via, sparire. Mi sono informato: lei è… insomma, fa parte di una società che crea organismi cibernetici per intrattenimento, lo chiamano così, e anche per la riproduzione; so che anche senza… senza usufruire del contratto, non ho il diritto di recedere, prenderanno i soldi direttamente dal conto, forse li hanno già presi.