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La Dottrina Intermarium e l’integrazione dell’Ucraina con l’Europa

Creato il 07 aprile 2014 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
La Dottrina Intermarium e l’integrazione dell’Ucraina con l’Europa

Offriamo di seguito la traduzione dell’articolo di Vladislav Gulevich pubblicato su “Meždunarodnaja žizn’”, rivista del Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa e partner dell’IsAG.

 
Gli avvenimenti di “Euromaidan” in Ucraina hanno attirato l’attenzione degli osservatori polacchi. Il piano per la firma dell’accordo di associazione tra Kiev e Bruxelles era stato considerato in Polonia come il primo passo verso una più completa attuazione della Dottrina Intermarium, che fu particolarmente popolare dopo la Prima Guerra Mondiale.

Secondo quanto previsto da questa dottrina, era interesse della Polonia promuovere ai confini occidentali dell’Impero russo la formazione di un’Unione di Stati (Polonia, Ungheria, Romania, i Paesi balcanici, Cecoslovacchia, Lituania, Lettonia, Estonia e altri Stati), le cui élite si sarebbero orientate verso l’Europa e dimostrate ostili nei confronti della Russia. Questa unione avrebbe dovuto estendersi dalle coste del Baltico a quelle del Mar Adriatico e del Mar Nero. A causa della traslitterazione in polacco, la Dottrina prese un altro nome, abbreviato con l’acronimo ABC (AdriatykBaltykMorze Czarne).

Nell’ambito della Dottrina Intermarium, all’Ucraina era affidato uno dei ruoli più importanti. Un’Ucraina filo-occidentale infatti avrebbe considerevolmente ridotto l’accesso della Russia al Mar Nero e ciò implicava che la sua funzione geopolitica sarebbe stata analoga a quella svolta, sulle sponde del Baltico, da Lettonia, Lituania ed Estonia.

Nel corso degli anni la Dottrina ABC assunse differenti forme, estendendo i suoi contorni concettuali e ideologici, per poi ridurli ancora, a seconda della situazione politica. Negli anni Settanta, tra i cosiddetti émigrés polacchi, emerse la Dottrina Giedroyc-Mieroszewski, conosciuta anche come Dottrina ULB (Ucraina – Lituania – Bielorussia), una versione monca e rivisitata dell’Intermarium. Se il primo autore dell’Intermarium, Jozef Pilsudski, mise in relazione, in termini di estensione territoriale, la Dottrina con la vecchia Confederazione polacco-lituana esistente prima del suo dissolvimento avvenuto nel 18° secolo, e considerava indiscutibilmente polacche le terre di Lituania, Ucraina e Bielorussia, successivamente Jerzy Giedroyc e Juliusz Mieroszewvski chiesero di riconoscere Vilnius come città lituana, Leopoli ucraina e Grodno bielorussa.

In altre parole, il primo sognava di realizzare un’utopia, mentre i secondi proponevano di accettare la situazione politica esistente. Era un convincimento di Mieroszewvski e Giedroyc che la Polonia, “dando” (nel senso ideologico del termine) un’identità nazionale alle terre di Lituania, Ucraina e Bielorussia, avrebbe di conseguenza sottratto questi Paesi all’influenza russa e, supportando le tendenze nazionaliste locali, queste in cambio avrebbero garantito l’esistenza di una sicura area cuscinetto, in grado di separare la Polonia dalla Russia. Con un parziale riconoscimento della sua responsabilità negli eventi che si verificarono nelle storie nazionali di questi tre Paesi nel periodo in cui queste furono sotto il dominio dei re polacchi, la Polonia sperava di rimuovere le cause dell’ostilità nutrite nei suoi confronti da parte di Lituani, Ucraini e Bielorussi.

Nel periodo del crollo dell’Unione Sovietica, le autorità di Varsavia erano guidate dai principi della Dottrina ULB. I movimenti nazionali, e anche quelli nazionalisti, ricevettero in queste repubbliche il pieno appoggio da parte della diplomazia polacca e le tesi di Giedroyc furono innalzate su un piedistallo, dove rimangono ancora oggi. I discorsi pronunciati dall’opposizione a Kiev a seguito della sospensione della firma dell’accordo di associazione tra Ucraina e Unione Europea sono stati interpretati dalla Polonia attraverso il prisma delle idee di Giedroyc.

Nonostante l’abbondanza e la grande diffusione di slogan ultra-nazionalisti e nonostante la presenza di molti membri di gruppi neo-nazisti, Varsavia ha pronunciato parole di supporto nei confronti dei dimostranti di “Euromaidan” e i diplomatici polacchi hanno visitato frequentemente la capitale ucraina. Tutto ciò è stato percepito ambiguamente dalla società polacca e la presenza di politici polacchi nelle strade di Kiev al fianco di Oleh Tyahnybok, leader della formazione ultra-radicale “Partito della Libertà”, ha suscitato molti interrogativi e, tra questi, se è stato giusto perseguire la dottrina di Giedroyc.

Negli ultimi anni un crescente numero di intellettuali polacchi, rigettando l’idea della sua perfezione da un punto di vista geopolitico, ne ha chiesto una revisione1. A tal proposito ci sono proposte per tirarla giù dal piedistallo, proprio come gli “euro-contestatori” hanno fatto a Kiev con il monumento dedicato a Lenin2.

La visione politica di Giedroyc infatti non mancava di punti deboli. L’idea che, per una passata avversione alla Confederazione polacco-lituana, un non particolarmente convinto pentimento dei Polacchi avrebbe attenuato l’intensità della retorica nazionalista nei Paesi ULB si è dimostrata non fondata. La politica editoriale di Giedroyc è stata estremamente tollerante verso i fenomeni nazionalisti e il rifiuto della sua rivista politico-letteraria “Kultura” di pubblicare articoli (in particolare quelli dello storico ucraino-polacco Viktor Polishchuk) che denunciavano le tesi del nazionalismo ucraino, non ha portato ad altro che a un senso di impunità tra coloro che professavano quelle idee. La tolleranza del nazionalismo ucraino, nell’ambito dell’élite intellettuale polacca, trovò spazio in Giedroyc e nella sua rivista “Kultura”, che infusero fiducia negli stessi nazionalisti circa la legittimità intellettuale delle loro posizioni. In seguito subentrò la delusione e la comprensione del fatto che essere anti-russo non significa necessariamente essere filo-polacco. Una delle prime vittime del nazionalismo in Lituania, Bielorussia e Ucraina è stata proprio l’eredità culturale e storica polacca.

Nella tradizione politica della Polonia post-comunista, l’avvicinamento di Kiev all’Unione Europea è visto come un passo verso la realizzazione della Dottrina Intermarium. Per Varsavia il principale vantaggio di questa teoria di politica estera è la sua flessibilità e la capacità di armonizzarsi con costruzioni ideologiche più ampie. Pertanto, la dottrina che si è imposta su quella liberale dell’Intermarium è quella della società aperta, e l’espansione della NATO e dell’Unione Europea fanno parte di questo progetto. Qualsiasi movimento verso Ovest da parte di Kiev, inclusi i recenti tentativi messi in atto dall’opposizione ucraina per impedire l’avvicinamento del Paese all’Unione Doganale, è visto come un ulteriore conseguimento nella realizzazione della Dottrina3.

La mancata firma dell’accordo di associazione con Bruxelles da parte del Governo ucraino significa un arretramento della Polonia alla sua precedente posizione geostrategica e, in una prospettiva di lungo termine, lascia spazio a nuovi tentativi per giungere alla fase finale della Dottrina Intermarium. Così, per la Polonia, la politica estera ucraina è da ritenersi parte di un più ampio progetto geopolitico che vede come obiettivo ultimo la creazione di un “blocco ABC”. Anche se Kiev ufficialmente non intraprende alcun passo nei confronti di Varsavia, quest’ultima sta ridisegnando la sua politica verso Est, prendendo in considerazione le realtà politiche presenti in Ucraina. L’Ucraina è sempre stata presente, in maniera attiva o passiva, in qualità di vettore della politica estera della Polonia, che guarda a questo Paese sempre attraverso il prisma della Dottrina Intermarium, le cui linee principali sono adattate sulla base delle sfumature regionali della politica europea di Varsavia.

(Traduzione dall’inglese di Alessandro Lundini)


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