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La falsa guerra di un paese alla fine

Creato il 05 aprile 2013 da Retrò Online Magazine @retr_online

Che dalle parti della Corea del Nord non si stia proprio benissimo, è cosa nota. Non è forse troppo noto che a mietere vittime su vittime (oltre ai capi di prigionia) sia una disgrazia che nel nostro mondo è considerata ancor meno di un ricordo del passato: la carestia (e la malnutrizione).
Ovviamente, i problemi colpiscono solo i più bassi di quella larghissima piramide sociale sulla quale è sviluppata la società Nordcoreana, e al cui vertice, ben sopra gli oligarghi di partito e i funzionari militari d’alto rango, sta senza dubbio Kim Jong Un, il paffutello dittatore che tra un piatto di ramen e l’altro lancia moniti agli Stati Uniti.

Una nazione ridotta letteralmente alla fame e completamente slegata dai traffici internazionali, ed anzi inasprita dalle sanzioni che continuamente le vengono comminate dagli organismi delle Nazioni Unite, si direbbe che abbia altri problemi e altre priorità, rispetto al mantenere un esercito armato che è il quarto del mondo in quanto a personale e all’aggressiva diplomazia, che nel 2013 è tutto tranne che vantaggiosa.

Eppure, il rischio di guerra, perfino nucleare (seppure con tutta una serie di limiti che non è il caso di approfondire in questa sede), non è remoto. Forse non lo è proprio perchè stiamo parlando di uno Stato completamente incapace di autosostenersi, malgrado faccia dell’autarchia (o “Juche”) la sua ideologia principale. Uno Stato in rovina, in cui evidentemente quel meccanismo tipico delle dittature (e di qualche grande impresa) per cui il potere viene passato di padre in figlio, e ad ogni generazione ne segue una peggiore, si sia già inceppato da tempo, dando origine al paradosso odierno: cioè che un matto qualunque si possa permettere di fare la voce grossa dall’alto del suo piedestallo di nulla, ma il nulla, in Corea del Nord e per i suoi abitanti, può diventare tutto, tale è l’indottrinamento.

La guerra può dunque essere per la Corea del Nord l’ultima soluzione per far finire questa mascherata che va avanti da troppo tempo e che è diventata totalmente insostenibile.
E’ evidente che non sia un caso che quest’aggressività nella diplomazia nordcoreana sia aumentata dal momento in cui è divenuto palese a tutti che in Corea del Nord erano state sviluppate armi nucleari. Queste vengono usate, dai tempi della guerra fredda, esclusivamente come deterrente. La superiorità delle armate statunitensi e sudcoreane eliminerebbe l’esercito nemico velocemente, e inizierebbe a marciare verso nord. Il problema, per Kim Jong Un, sarebbe a quel punto quello di scappare, visto che l’esperienza insegna che i dittatori (e i gran gerarchi) di solito alla fine non se la cavano proprio benissimo. Con la Cina che ha già oggi girato le spalle alla Nordcorea, e che probabilmente non si sobbarcherebbe il peso diplomatico di garantire protezione a chi verrebbe in pochi mesi giudicato e ritenuto colpevole all’Aja, l’unica soluzione che resta a Kim sarebbe quella di minacciare l’utilizzo di armi nucleari, a seguito dunque dello scoppio di una guerra “convenzionale”.
Si creerebbe uno stallo non troppo dissimile da quello che tuttora esiste, seppur ben più aggressivo.
Kim Jong Un potrebbe così salvarsi, dando alla Corea del Nord il compito di trovare un nuovo “Leader Supremo”, che non proverrà più, però, dalla generazione dei Kim.

Articolo di Giacomo Conti

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Foto yeowatzup, licenza CC BY


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