Un dettaglio probabilmente insignificante dal momento in cui la FIAT – e il suo indotto – valgono il 10% del PIL italiano. E poichè di prodotto interno lordo stiamo parlando ecco che lo Stato non ha mai trascurato le priorità di FIAT appellandosi al fatto che, in un momento come questo, “non ci possiamo permettere di disperdere competenze umane e tecnologiche che poi sarebbe difficilissimo recuperare”. A questo si è appellato anche Mario Monti nel corso della sua ultima visita in casa FIAT e di questo sentiamo parlare da oltre trent’anni. Una storia industriale a cui lo Stato ha destinato, secondo il giornalista Marco Copianchi, autore del libro Mani Bucate, ben 121 milioni di euro. Gli ultimi aiuti, contabilizzabili in alcune decine di milioni di euro gli sono arrivati, sempre secondo Copianchi, poco meno di un anno fa per diversi suoi siti produttivi.
E naturalmente, tornando agli incentivi ecologici, il trattamento destinato al Lingotto è di estremo favore. Il contributo erogato da FIAT è accessibile sia ai privati che alle aziende senza l’obbligo di rottamazione di un veicolo vecchio e, a differenza di quanto accade con gli ecoicentivi governativi non ha un tetto limite per quanto riguarda la disponibilità delle risorse a disposizione. Questo significa che non c’è un numero massimo di vetture che avranno diritto ad accedere ai fondi.
A questo punto però la storia industriale di FIAT dovrebbe porre e far porre una domanda? A cosa sono serviti tutti questi soldi pubblici per avere un’azienda che oggi rivendica il proprio ruolo industriale invocando posti di lavoro e opportunità che il settore dell’automotive, a livello mondiale, non è più in grado di garantire a nessuno? Come va dicendo Sergio Marchionne, dobbiamo saper cogliere le sfide che la globalizzazione ci offre e se il mercato cala (come calerà) un’azienda sussidiata non ce la fa. Non ha investito su innovazione e ricerca e il mercato – globale – non la premia.
E gli incentivi non risolveranno certo il problema. Anzi non faranno altro che sottrarre risorse ad altri operatori (anche piccoli) che in catalogo contano, già da tempo, veicoli elettrici e a basse emissioni.