Progettato e iniziato intorno al 1844-45, pubblicato a puntate nel 1847, in volume l'anno successivo, "La fiera delle vanità" è il romanzo più noto di Thackeray. In queste pagine si narrano le vicende parallele di due donne molto diverse: Becky Sharp, tanto coraggiosa e intelligente quanto astuta, arrivista e priva di scrupoli, e la sua compagna di scuola Amelia Sedley, emblema di virtù ma anche terribilmente ingenua e un po' sciocca. Dominato da un garbato sarcasmo che a tratti si trasforma in un'ironia più feroce, "La fiera delle vanità" sconvolse la società letteraria vittoriana per la schietta descrizione della realtà sociale dell'epoca, che sia l'ambiente mondano londinese, quello esotico dell'India colonizzata, quello militare, rozzo e primitivo, oppure quello ipocrita e perbenista della Chiesa. Su questo molteplice sfondo si snoda con incredibile fluidità una narrazione dominata da molteplici personaggi. Manca, in questo romanzo, un eroe completamente positivo: al suo posto, per la prima volta, si muovono sulla pagina figure che non sono semplici manichini, ma uomini in carne e ossa. Con un saggio di Anthony Trollope.
La Recensione
Ci sono smargiassi che si aprono un varco a spintoni, bellimbusti che fanno l'occhio dolce alle donne, ladruncoli pronti a svuotar le tasche, poliziotti all'erta, imbonitori (altri imbonitori, che il diavolo se li porti!) che strepitano davanti ai loro baracconi, zotici col naso all'aria a guardare i ballerini in vesti multicolori, i poveri acrobati dal viso impiastricciato di belletto, mentre individui dalle dita agili e leggere armeggiano con le loro tasche posteriori. Sì, questa è la "Fiera delle Vanità": non è certo un luogo morale, e nemmeno allegro, ad onta di tanto chiasso.La marionetta Rebecca Sharp e la bambola Amelia Sedley sono le due attrazioni principali di questa Fiera delle Vanità. E' sulla loro temporanea separazione al momento di lasciare il collegio di Chiswick Mall che si alza il sipario, e le due ragazze vengono presentate dagli arcigni occhi della direttrice Pinkerton con quelle caratteristiche che le accompagneranno per tutta la vita: la dolce Emmy, modesta, taciturna e discreta, che è riuscita a farsi amare da tutte le sue compagne; e la mielosa Becky, pressoché irreprensibile nel suo comportamento ma infida come un serpente che stringa gradualmente le sue spire attorno alla preda. Becky, al contrario della ricca e rispettabile Amelia, fin da bambina è cresciuta in un ambiente povero e poco decoroso, figlia del pittore che insegnava arte al Chiswick Mall, e ha avuto così modo di affinare le proprie arti retoriche che la trasformeranno in una perfetta arrampicatrice sociale, l'antieroina vittoriana per eccellenza.
Lasciato il sicuro nido del collegio, Becky, in attesa di essere mandata in casa del baronetto Crawley come istitutrice, si reca con Amelia nella residenza dei Sedley, primo terreno per esercitare il proprio talento seduttore: conquistate le simpatie dei familiari di Amelia, dirige le proprie attenzioni sul di lei fratello, Jos, ricco e scapolo. Ma si sa, la simpatia è facile da conquistare quanto da perdere se c'è un matrimonio indesiderato in vista...
Becky e Amelia si esibiranno a lungo nella Fiera delle Vanità (che non altro non è se non la società vittoriana, ipocrita e opportunista a ogni livello) in un bilanciamento continuo delle loro fortune: all'ascesa sociale di Becky corrisponderà la bancarotta del padre di Amelia; al matrimonio di Amelia coincideranno le difficoltà economiche di Becky, che si riaggiusteranno nell'esatto momento in cui George Osbourne, il marito di Amelia, cadrà a Waterloo combattendo contro le truppe napoleoniche. Le loro storie si dipaneranno per poi intrecciarsi più e più volte, fino all'epilogo che, scandalosamente, non coinciderà con la giusta sanzione di tutti i peccati dell'intrigante.
Caustico, irriverente, beffardo, ecco una delle pecore nere del secolo decimonono, un romanzo pronto a sollevare le caste gonne del rigido perbenismo vittoriano. William Thackeray non le manda certo a dire nel suo novel without a hero, e la sua penna non risparmia nessuno: non la svenevolezza di Amelia, né la scioperataggine di Rawdon, né la pedanteria di Sir Pitt, né la debolezza di carattere di George Osbourne. Non la vanità di Jos Sedley, nè la cocciutaggine di Mr. Sedley, né l'arroganza di Mr. Osbourne. Spesso non ha riguardo nemmeno per il povero William Dobbin, amico d'infanzia di George perdutamente innamorato di Amelia, uno dei rarissimi personaggi di cuore del romanzo: leale, generoso, dotato di indubbie virtù fisiche e morali, e bersagliato dall'autore per la sua ottusa dabbenaggine quando Amelia si trova nei paraggi. Semmai, Thackeray preferisce indugiare con compiacenza sul comportamento di Becky, fornita dell'acume necessario per destreggiarsi a suo vantaggio in qualsiasi tipo di sceneggiata e per questo dipinta dall'autore con poco velata simpatia.Classico intramontabile, certo, eppure non è scevro da difetti; il sistema vittoriano di pubblicazione a puntate, infatti, consentiva agli autori di prolungare a dismisura i loro romanzi (le ragioni di marketing esistevano anche duecento anni fa), che quindi spesso mancano di concisione e di omogeneità. La fiera delle vanità si perde spesso in pettegolezzi minuti su personaggi più che secondari, che probabilmente dovevano divertire un mondo i lettori dell'epoca che in questa o quella caricatura riuscivano a riconoscere i signorotti loro contemporanei, ma che tediano il lettore moderno. Inoltre, l'edizione in mio possesso (la Newton&Compton) è una traduzione d'anteguerra priva di molti condizionali passati, anche se fornita di un simpatico apparato di note.
Venite, ragazzi, riponiamo baracca e burattini: la commedia è finita.Giudizio:+4stelle+
Articolo di Sakura87
Dettagli del libro
- Titolo: La fiera delle vanità
- Titolo originale: Vanity Fair
- Autore: William Makepeace Thackeray
- Traduttore: Ricci Miglietta M.
- Editore: Mondadori
- Data di Pubblicazione: 2009
- Collana: Oscar Classici
- ISBN-13: 9788804592266
- Pagine: XXXI - 872
- Formato - Prezzo: Brossura - 11,00 Euro