Tutto si può dire tranne che la letteratura contemporanea abbia dimenticato la Shoah e, passata la stagione dei ricordi di prima mano e per esperienza diretta di un Primo Levi e simili, sono comunque tanti i romanzi, più o meno popolari, che rievocano quella pagina tragica e cruciale della Storia europea del Novecento.
Uno degli ultimi in ordine di tempo, se non l’ultimo per ora, è La figlia dei ricordi di Sarah McCoy (traduzione di C. Lionetti, Editrice Nord 2013), storia tra passato e presente, attenta quindi al tema di non dimenticare i fatti di ieri, raccontata dal punto di vista di due donne, che per caso si conoscono.
Una, Reba, è una ragazza di oggi, giornalista presso un piccolo periodico texano che non sa decidersi tra il tentare la carriera altrove o tenere quello che ha, compreso un nuovo amore; l’altra, Elsie, anziana pasticcera di El Paso, con un passato da ragazza nella Germania hitleriana cui durante il quale fece una scelta coraggiosa e controcorrente che le ha cambiato la vita.
Elsie, fidanzata con un ufficiale delle truppe di Hitler e con una sorella inserita nel progetto di procreazione di perfetti ariani, aiutò un bambino ebreo a nascondersi, un bambino che l’aveva colpita con le sue abilità musicali, scoprendo poi una rete di resistenza alla dittatura e iniziando un percorso che la portò a trasferirsi negli Stati Uniti, lasciando dietro di sé dispiaceri e rimpianti. La sua storia viene tramandata a Reba, alle prese con le contraddizioni del mondo, dove non esistono lager, almeno non in Occidente, ma dove ogni giorno al confine tra Messico e Texas arrivano i nuovi disperati in cerca di un futuro migliore.
Un libro toccante senza essere stucchevole, che ricorda la Shoah, ma ricorda anche cosa voleva dire vivere sotto una dittatura per i tedeschi, una dittatura che aveva plasmato sogni e modi di vivere e che trascinò la Germania in una guerra tragica e senza via d’uscita, che ebbe un costo umano anche per i civili, soprattutto per le donne, altissimo. Raccontare la Storia dal punto di vista dei vinti, ricordando che non tutti i tedeschi erano dei nazisti fanatici, e che gli stessi tedeschi furono le prime vittime del sistema, è indubbiamente interessante e meritevole, in un mondo in cui le guerre si sono solo spostate in altre zone del mondo.
Oltre alla tragedia della Shoah, il libro accenna anche a un’altra vergogna nazista, per decenni nascosta, cioè quella delle comunità in cui venivano rinchiuse, a volte per scelta, ma, nella maggior parte dei casi, per imposizione, ragazze tedesche e poi anche giovani in particolare danesi, prigioniere a tutti gli effetti, per essere ingravidate e partorire i figli dei soldati delle SS al fine di costruire un’ipotetica razza perfetta.
Il libro mescola la grande Storia al quotidiano di una giovane donna di oggi, in maniera interessante, anche se si parte da un argomento non facile e forse inflazionato, ma mai da sottovalutare, anche nei suoi aspetti meno noti. Sarah McCoy dimostra di saper narrare e avvincere, commuovere e divertire, e sarà interessante aspettare e leggere i suoi prossimi romanzi. Non era nuova come idea, visto che era già presente nell’analogo e interessante Finché le stelle saranno in cielo di Kristin Hamel, ma è molto gradita la raccolta di ricette di dolci, alcune note anche in Italia, come la torta con fragole e cioccolato o i krapfen, altrimenti conosciuti come bomboloni, che alleggerisce e arricchisce la narrazione, facendo venire anche un po’ di acquolina in bocca.
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