La parola spread è entrata prepotentemente nel nostro vocabolario quotidiano. Con la differenza tra i titoli italiani rispetto a quelli tedeschi potremmo realizzare i titoli dei film in concorso alla mostra di Venezia o del festival del cinema di Roma e convertire in creatività l’astrattismo speculativo.
Infatti, siamo in mano alla finanza non creativa ma speculativa, e l’andamento delle borse segnano il passo dell’andamento delle nostre vite.
Da lei dipendono le nostre tasse, il nostro debito, che non è il mutuo trentennale per la casa ma il mutuo miliardario a vita.
Ma come risolve il problema il nostro governo, come ci aiuta a risanare il dedito non nostro ma che è diventato subito “debito nostrum”?
Per prima cosa aiutando le imprese a meglio licenziare.
Basta con questi piagnistei, il lavoro non è dei lavoratori ma dei managers.
Subito dopo segue l’altra regola.
Rendere ancora più flessibile la flessibilità.
Basta con il lavoro sotto casa, bisogna essere più malleabili. Potrebbero spostarci a lavorare in Svizzera così da non gravare sui dati della disoccupazione italiani e chissà che in Svizzera non possiamo trovare il nostro paradiso fiscale e con i capitali accumulati ritornare quindi in Italia da eroi e risanare le casse dello Stato pagando una piccola percentuale, in anonimato ovviamente.
Se proprio non basta c’è sempre l’opzione taglio stipendio dei dipendenti pubblici. Tanto loro a fine mese lo intascano sempre.
E smettiamola con questa patrimoniale, i grandi ricchi non sono dipendenti pubblici, non hanno una busta paga che a fine mese incassano regolarmente, anzi, negli ultimi tempi soffrono per i pochi affari “spreaddati”.
Infine, se ancora servono soldi per risanare le casse dello Stato, il condono è la giusta soluzione. Cittadini disonesti che possono onestamente risolvere l’insoluto.
Finalmente il dito medio di Bossi ha trovato una sua collocazione nel governo Berlusconi.
W lo spread!
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