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La fine del mese - Pattaya, Thailandia

Creato il 05 novembre 2012 da Pulfabio
La fine del mese - Pattaya, ThailandiaA volte le circostanze producono dei problemi. Nell'ambito di questi problemi nasce poi qualche detto particolare, che cattura, magari anche con un pizzico di ironia, uno scorcio di un'epoca. In Italia i tempi di crisi hanno generato l'espressione non arrivare a fine mese. Si tratta di una metafora, di un piccolo gioco di parole, infatti se tradotta letteralmente in inglese risulterebbe incomprensibile alla maggior parte dei madrelingua. In realtà a fine mese, tranne casi estremi, ci si arriva comunque. Quel che non ci arriva è l'ultimo stipendio percepito. Ma è davvero così?
Ho l'impressione che, casi limite, reali e tragici a parte, la maggior parte di chi la utilizza si stia dilettando con uno degli hobby preferiti dagli italiani: la drammatizzazione degli eventi.
Se è pur vero che con gli effetti della crisi e la crescita dei prezzi il potere d'acquisto di uno stipendio tende necessariamente a diminuire, va anche notato che in molti non si fanno comunque mancare l'abbonamento alla TV satellitare, il telefono touchscreen, l'automobile fighetta, lo scooter, l'aperitivo in piazza, la cenetta fuori, le scarpe carine, i jeans alla moda. Mettendo da parte qualche vezzo a fine mese probabilmente ci si arriverebbe senza bisogno di entrare in apnea.
R, un italiano venuto a trascorrere qualche mese in Thailandia, ha conosciuto T al banco della frutta presso il quale lavora. Hanno cominciato a frequentarsi, T lo va spesso a trovare al suo albergo ma anche a R è capitato di vedere dove vive lei. Un monolocale in un condominio, anzi sarebbe meglio dire un minilocale, visto che si tratta di un cubicolo di quattro metri per tre.
Il punto è che non ci vive da sola, ma con le sorelle, quattro in tutto. Poi ci sono tre bambine, una delle quali sua. Di figli queste donne ne hanno anche altri - avuti spesso con uomini diversi, tutti volatilizzatisi. Sono sparsi qua e là per il paese, a casa di genitori, suoceri o parenti. Si tratta di tipici casi di ragazze madri thailandesi, diffusissimi soprattutto nelle province meno sviluppate. Le sorelle magari sono pure sorellastre, visto che la madre (ma anche il padre) potrebbe aver avuto la stessa sorte delle figlie.
Facciamo dunque loro i conti in tasca per capire come mai sono costrette a viversi addosso in quel modo. L'affitto del buco costa 3500 baht al mese, meno di 100 euro. Poco, penserete voi. Beh, non se si viene a scoprire che T lavora dodici ore al giorno per guadagnare 250 baht (6 euro e qualcosa). Certo la vita costa poco qui, ma non più così poco come un tempo. Per questo vivono in sette o otto in dodici metri quadrati, chi dormendo sul letto, chi a terra, chi sul ventre della madre, senza TV, frigo, aria condizionata, sedie, tavoli, con uno stendibiancheria per armadio. Eppure loro a fine mese ci arrivano, magari a calci in culo, ma ci arrivano. Senza alcun aiuto dello stato. E pure con un sorrisone sulla bocca. Si arrangiano, sopravvivono, fanno mille lavori, temo che alcune di loro siano già state tentate dai guadagni facili della prostituzione, anche se non sono ancora precipitate dentro quel burrone. Certo, sognano un lieto fine alla Pretty woman dei poveri, ma se non arriva va bene lo stesso. Sarà la solita questione di karma.
Credo che molti italiani dovrebbero fare un salto da queste parti, sacrificare un paio di giorni di spiaggia nel bel sud e cercare di imbattersi in qualche caso del genere. Tornerebbero in Italia più ottimisti e con la voglia di affrontare la crisi senza lamentarsi tanto per il gusto di farlo.

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