Ma non hanno fatto i conti con i cinque "moschettieri", o meglio tre....
Squadra vincente non si cambia e così dopo l'incursione sbilenca nell'horror romeriano con Shaun of the Dead, il volo a planare sui generi che vanno dal poliziesco all'action fatto in Hot Fuzz, come chiudere meglio la cosiddetta Trilogia del Cornetto con un bella rievocazione , sempre transgenere, di tanta sci fi d'annata?
Una chiusura magnifica, a scanso di equivoci, un cocktail micidiale di amicizia, malinconia, fiumi di birra e alieni che sembrano tanto gli ultracorpi del celeberrimo film di Don Siegel, magari rivisitati guardando al remake Terrore dallo spazio profondo di Kaufman ( la gestualità con quel braccio proteso in avanti o quella bocca aperta a disarticolare quella specie di urlo sgradevole , memoria dell'ultima sequenza di quel film ) e perchè no? alla gioventù screanzata di The Faculty di Rodriguez, altro film sugli ultracorpi con forti richiami alla sci fi anni 50.
Ma sarebbe ingiusto catalogare quest'ennesimo gioieillino targato Wright/ Pegg / Frost solo come fantascienza vintage.
A parte la modernità degli effetti speciali, che non rubano l'occhio come nei blockbusters hollywoodiani ma sono decisamente funzionali alla narrazione non andandosi mai a sostituire ad essa per mascherare magagne di sceneggiatura ( che non ci sono), La fine del mondo, come detto prima, è un cocktail di generi in cui la malinconia al ricordo del tempo passato, il coming of age ( ma qui parliamo di arrivare ai 40...), l'epica di una bevuta mitica , 12 pinte , mica pizze e fichi, circa di 7 litri di birra procapite o meglio propanza, si mescolano brillantemente senza mai perdere d'occhio l'ironia con il classico film sci fi vintage.
Fa uno strano effetto vedere Simon Pegg tinto di scuro come i vestiti da darkettone fuori tempo massimo che indossa , con quelle rughe profonde come canyons a contornargli il viso scarno quasi a far da contrappunto a degli occhi vivacissimi e sempre giovani, che interpreta un personaggio che dietro le battute , i sorrisi e le bugie di circostanza nasconde il disastro di una vita senza prospettive, senza un passato e senza un futuro in cui il "Miglio Dorato" rappresenta un ideale punto di ripartenza da zero, o quasi, alla luce del passato mai dimenticato.
La fine del mondo è un film sull'amicizia virile che nasconde sotto sotto anche un messaggio un filo destabilizzante perchè il matrimonio oltre a essere la tomba dell'amore ( o era la tromba?) è anche quella dell'amicizia per sopraggiunti impegni o per semplice volontà muliebre e il lavoro contribuisce ad allontanare dagli affetti .
Ma forse è semplicemente la vita: ognuno è portato a prendere strade diverse.
E dietro una facciata ironica nasconde tutta la tristezza di chi disperatamente non vuole essere "inquadrato" nè dalla società degli uomini, in un qualche ruolo che comunque gli andrà stretto e nè dagli alieni, ultracorpi non troppo moderni latori di un ordine planetario disumanizzante.
Gary e i suoi amici vogliono rimanere orgogliosamente diversi e non omologati e credo che il rifiutare di confondersi nella massa, di spersonalizzarsi sia il messaggio di speranza e di ribellione che si nasconde dietro ai fuochi d'artificio che offre il film in tutta la sua durata, senza un attimo di sosta.
Naturalmente La fine del mondo è anche un delizioso gioco cinefilo in cui cercare di indovinare tutte le citazioni, giochino che parte dai due precedenti film della trilogia .
Una bevuta salverà il mondo come succedeva in Grabbers, delizioso sci fi irlandese.
Fa brillare gli occhi quella ultima birra, decisiva per completare il Miglio Dorato che sembra il Sacro Graal in attesa di Re Artù .
E non ha prezzo vedere Nick Frost che maltratta gli alieni con mosse da wrestling , chiudendo tutto con una schiacciata californiana...
Diavoli di inglesi! Questa trilogia non può finire qui.
Sarebbe un delitto.....
( VOTO : 8 / 10 )