“La fine del mondo” è il capitolo di chiusura della The Three Flavours Cornetto Triology, opera magna di Edgar Wright, regista di culto per i film fanta-demenziali. I primi due Shaun of the Dead (L’alba dei morti dementi) e Hot Fuzz sono stati riconosciuti con premi ai migliori film indipendenti; non si tratta, infatti, solo di comicità dozzinale, ma ricercato senso del ridicolo, affiancato ad una grande capacità tecnica.
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Ne “La fine del mondo” insieme ai due ricorrenti protagonisti Simon Pegg (Star Trek- Into Darkness) e Nick Frost (I love radio rock, Attack the block), ci sono altri tre amici d’infanzia con i quali Gary (Simon Pegg) ritiene di aver trascorso il più bel periodo della sua vita. Su sua richiesta insistente riesce a riunire il vecchio gruppo, superando i dissapori che ne sono nati all’interno negli anni, per dare vita ad un’epica conquista del Miglio d’Orato: 12 pub, 12 pinte a testa in una sola nottata.
Inutile dire come la vicenda si snodi in tante piccole gag, alcune banali ma sempre divertenti, altre per nulla scontate, altalenandosi tra il malinconico e il ridicolo. Quasi un Amici miei all’inglese, più folle ed alcoolico. Anche in questo capitolo il luogo in cui si vengono a trovare i protagonisti – il loro paese di nascita – si scopre avere qualche piccola incongruenza: pochi si ricordano di loro, e quell’atmosfera di convivialità, all’interno dei pub che tanto amavano, è scomparsa. La città è, infatti, invasa dai robot, che hanno sostituito lentamente la popolazione, per creare una società migliore e più coerente di quella umana.
Elementi ricorrenti, per chi ha potuto già apprezzare i primi due film, sono l’apparizione come un flash della carta del gelato Cornetto, che dà anche nome alla trilogia, e di eventi spassosi come i tentativi dei protagonisti di saltare le siepi, per fuggire. E’ evidente come si sia cercato di trovare un fil rouge, divertente, a questi tre film che, di accidentale, nonostante sembri sempre tutto lasciato al caso, non hanno assolutamente niente.
Quello che caratterizza maggiormente la pellicola è la sua vocazione fantascientifica basata su un impianto di tipo comico. Il regista, come nei due film precedenti, riesce ad essere un film divertente, appassionante e allo stesso tempo incalzante e pieno di suspance come se fosse serio, creando una mescolanza tra i due generi per nulla convenzionale. Con il suo tipico montaggio velocizzato trascina lo spettatore da una bevuta senza freni ad una scazzottata goliardica, da una chiacchierata demenziale ad una fuga estrema da una città di robot. E’ forse proprio questo che rende le scene così godibili e scorrevoli dando il ritmo alla comicità.
Sicuramente piacerà agli appassionati del genere, e in particolar modo a chi ama la regia di Edgar Wright.
Film necessario per chi ha visto primi due capitoli e consigliato per chi non li ha potuti vedere. Sicuramente dei tre è quello meno spassoso, più riflessivo e psicologico, con delle vere chicche da ammirare. Un esempio su tutti il dialogo finale: bisogna però saper apprezzare la follia.