Dal Mitoshenko di una rivoluzione democratica finta ad un Porkoshenko disposto a vendere fino all’ultimo brandello di carne del suo Paese. Così si è consumata tutta la tragedia dell’Ucraina della fase post-sovietica. In mezzo un popolo che non ha saputo diventare mai tale. Non c’è riuscito quando era parte di un grande impero, men che meno poteva riuscirci in seguito, con tutte le sventure e le destabilizzazioni che l’unipolarismo americano doveva portare ad est, in funzione antirussa. L’Ucraina era una nazione fittizia che, tuttavia, aveva un’esistenza geografica, adesso è una geografia di poteri oligarchici che confina col disastro e con le mode occidentali (per pochi privilegiati). Prima aveva accanto un padre ingombrante ma indulgente, disposto ad assecondare i suoi capricci, in cambio di un minimo fedeltà politica, ora è caduta nelle grinfie di una matrigna adulante che brama il caos nel suo seno per ostacolare il suo potente vicino. La Russia poteva ancora dare a Kiev una posizione, nell’ambito di una più vasta comunità euroasiatica, gli Usa le hanno preso quella posizione, togliendole qualsiasi sovranità, per arrecare quanti più danni possibili a Mosca, nel suo cortile. L’Ucraina è uno solo strumento per la Casa Bianca, per il Cremlino era una necessità. Kiev ha preferito passare dall’influenza di un paese che aveva tutto l’interesse ad assisterla al condizionamento di uno Stato lontano che vuole unicamente servirsene.
Cosa ne ricaveranno gli ucraini? Quello che hanno già sotto i loro occhi, morte, distruzione e fallimento economico. Volevano cambiare alloggio ma hanno ottenuto soltanto di perdere il loro condominio, mentre vengono respinti alla dogana dagli stessi che dicevano di volerli accogliere nel loro opulento mondo. Per questa fregatura hanno bombardato i loro parenti orientali e ancora non fermano il genocidio, tanto da rendere irreversibile, nei fatti di sangue, l’inevitabile separazione. Le due Ucraine non torneranno mai più insieme, anche se qualcuno le costringesse a vivere da separate in casa, perché l’imperdonabile tradimento dell’Ovest ha dissipato la fiducia dell’Est. I confini sono tracciati indelebilmente da lunghe file di innocenti massacrati a Donetsk, Lugansk, Slaviank, Mariupol, Odessa, ecc.ecc. La disgregazione è nell’anima e non c’è dialogo conciliante che possa ricucirla. Non ci sarà più pace tra gli uni e gli altri finché non sussisterà la garanzia che non si incontreranno mai più. Le loro strade si sono definitivamente divaricate. Se i cittadini dell’Ovest hanno scelto quella che porta al baratro, quelli orientali non sono obbligati a seguirli e non lo faranno. Fra qualche mese credo che lo si vedrà ancor più nitidamente,mi sbaglierò ma questa è la atroce sensazione. Gli analisti russi più informati dicono che Putin stia attendendo il momento più propizio per intervenire, al fine di sancire questa situazione. Poi siederà sulla riva del fiume ad aspettare che passi anche il cadavere di Kiev. La sua forza (e la sua debolezza) non gli consente di attuare strategia diversa. Alcuni problemi interni, dei quali abbiamo già discusso in un altro articolo, condizionano i suoi movimenti e sta cercando di ottenere il massimo possibile da così difficili circostante.
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