Finora infatti l’opzione di Bersani è solo una: fare il Presidente del Consiglio, elemosinando i voti dei grillini, i quali – se sono solo un pochino coerenti con se stessi – gli diranno un sonoro no. In tale probabile caso, le aspirazioni di Premier dell’uomo di Bettola si frantumeranno negli scogli parlamentari con somma soddisfazione del leader “ombra” del Partito Democratico, Massimo D’Alema e dello scalpitante aspirante leader, Matteo Renzi.
Suggerito da Il Jester
A questo punto lo scenario cambierebbe radicalmente. D’Alema e Renzi premerebbero per un accordo con il PDL, onde sostenere un governo tecnico – gradito a Napolitano – per fare alcune riforme essenziali, tra cui la legge elettorale. Dopo di che, si ritornerebbe al voto: con Renzi candidato Premier, ma forse non con il PD, bensì di Scelta Civica.
Nel mentre – e cioè durante questa legislatura “a tempo” – Matteo avrebbe già cambiato casacca, facendo emigrare molti suoi fedelissimi dallo sterminato gruppo del PD alla Camera a quello esiguo di Scelta Civica. Non solo, la sua entrata in campo al centro, potrebbe anche creare qualche emorragia nel PDL. E sempre che il PDL non corra ai ripari. In ogni caso, il progetto cancellerebbe d’un colpo la vittoria di Pirro del Partito Democratico, certificando la disfatta di Bersani.
A questo scenario ci sarebbe però un ostacolo: Berlusconi. Perché D’Alema ha già dichiarato che se è vero che con la destra si deve dialogare, è anche vero che questo dialogo non è possibile, perché c’è Berlusconi. Il che potrebbe complicare la trattativa. Tutto perciò dipenderà: a) dalle Procure; b) dalla capacità del centrodestra di convincere la sinistra antibersani e il centro di Monti che Berlusconi non è affatto un ostacolo, bensì una risorsa di stabilità negli accordi fra i due schieramenti.
Link Sponsorizzati
Nel mezzo rimane l’incognita Grillo. Il rischio che questo “inciucio” possa incrementare il suo consenso è alto, anzi altissimo. Tutto dipenderà dalla capacità della classe politica di allearsi non per perdere (o prendere) tempo, bensì per fare quelle riforme realmente necessarie all’Italia, che certo niente hanno a che vedere con gli otto punti di Bersani.