La biografia di Tiziano Terzani raccontata non da un cineasta italiano, ma tedesco, italiani che invece ci propinano storie di chiunque in televisione. Nato nel 1938 in una famiglia povera della periferia di Firenze, Tiziano Terzani è stato un giornalista, pensatore e viaggiatore degli anni Sessanta e Settanta, in luoghi - come la Cina- che erano ancora più inaccessibili e lontani di come li conosciamo oggi. Il suo sguardo attento e smaliziato ha contribuito a far conoscere al pubblico italiano, ma non solo, la realtà di conflitti come la guerra del Vietnam, o di stati chiusi come la Cina che sembravano irraggiungibili e inafferrabili. La fine della sua carriera giornalistica è poi coincisa con la scoperta di un cancro, il film si concentra sulla lenta e consapevole accettazione dell’avvicinarsi inesorabile della morte e del disfacimento del suo essere corporale. Nei panni del figlio Fosco il nostro Elio Germano, difficile avere un padre come Tiziano Terzani; Fosco registra gli ultimi dialoghi col padre in un racconto che assomiglia a una confessione pronta per diventare un libro (che poi sarà il suo ultimo bestseller). Pochissime scene e tantissimi dialoghi come c'è da immaginarsi, girato nelle campagne toscane, nei veri luoghi di Terzani. Eppure, riconoscendo il coraggio e i buoni propositi di un tributo a Terzani, il film ha qualcosa che non funziona e risulta confuso e superficiale. Forse sarebbe stato meglio un documentario con inediti veri su Terzani, perché offrirne un quadro così confuso, superficiale e scollegato?Se sulla lapide di Terzani è incisa la parola “Viaggiatore”, perché relegare il tema del viaggio a qualche accenno? Perché non riproporre una struttura a capitoli come nel libro, che rende accessibile il pensiero dell’autore, ma presentare i contenuti in flusso disordinato? Scene inutili: la scena della patata bollita che lui non riesce a mangiare, il finto litigio col figlio, l’arrivo in paese in macchina e il suo fingere di dormire. Salviamo la scoperta finale di questo suo viaggio, cioè che la cura non esiste, la morte è la naturale conseguenza della nascita e bisogna quindi accettarla come tale. "Perché il morire ci deve fare così tanta paura? Ma come, è la cosa che hanno fatto tutti prima di noi!". Per udire parte della cose dette in questo film e molte altre direttamente dalla voce di Tiziano, è consigliabile la visione del film-documentario "Anam, il senzanome" di Mario Zanot, che riporta l'ultima intervista a Tiziano ormai ritiratosi ad Orsigna. "L'inizio è la mia fine e la fine è il mio inizio. Perché sono sempre più convinto che è un'illusione tipicamente occidentale che il tempo è diritto e che si va avanti, che c'è progresso. Non c'è. Il tempo non è direzionale, non va avanti, sempre avanti. Si ripete, gira intorno a sé. Il tempo è circolare. Lo vedi anche nei fatti, nella banalità dei fatti, nelle guerre che si ripetono." Tiziano Terzani
Magazine Cinema
La fine è il mio inizio (Das Ende ist mein Anfang) di Jo Baier. 2011
Creato il 29 agosto 2014 da Barbara2011
La biografia di Tiziano Terzani raccontata non da un cineasta italiano, ma tedesco, italiani che invece ci propinano storie di chiunque in televisione. Nato nel 1938 in una famiglia povera della periferia di Firenze, Tiziano Terzani è stato un giornalista, pensatore e viaggiatore degli anni Sessanta e Settanta, in luoghi - come la Cina- che erano ancora più inaccessibili e lontani di come li conosciamo oggi. Il suo sguardo attento e smaliziato ha contribuito a far conoscere al pubblico italiano, ma non solo, la realtà di conflitti come la guerra del Vietnam, o di stati chiusi come la Cina che sembravano irraggiungibili e inafferrabili. La fine della sua carriera giornalistica è poi coincisa con la scoperta di un cancro, il film si concentra sulla lenta e consapevole accettazione dell’avvicinarsi inesorabile della morte e del disfacimento del suo essere corporale. Nei panni del figlio Fosco il nostro Elio Germano, difficile avere un padre come Tiziano Terzani; Fosco registra gli ultimi dialoghi col padre in un racconto che assomiglia a una confessione pronta per diventare un libro (che poi sarà il suo ultimo bestseller). Pochissime scene e tantissimi dialoghi come c'è da immaginarsi, girato nelle campagne toscane, nei veri luoghi di Terzani. Eppure, riconoscendo il coraggio e i buoni propositi di un tributo a Terzani, il film ha qualcosa che non funziona e risulta confuso e superficiale. Forse sarebbe stato meglio un documentario con inediti veri su Terzani, perché offrirne un quadro così confuso, superficiale e scollegato?Se sulla lapide di Terzani è incisa la parola “Viaggiatore”, perché relegare il tema del viaggio a qualche accenno? Perché non riproporre una struttura a capitoli come nel libro, che rende accessibile il pensiero dell’autore, ma presentare i contenuti in flusso disordinato? Scene inutili: la scena della patata bollita che lui non riesce a mangiare, il finto litigio col figlio, l’arrivo in paese in macchina e il suo fingere di dormire. Salviamo la scoperta finale di questo suo viaggio, cioè che la cura non esiste, la morte è la naturale conseguenza della nascita e bisogna quindi accettarla come tale. "Perché il morire ci deve fare così tanta paura? Ma come, è la cosa che hanno fatto tutti prima di noi!". Per udire parte della cose dette in questo film e molte altre direttamente dalla voce di Tiziano, è consigliabile la visione del film-documentario "Anam, il senzanome" di Mario Zanot, che riporta l'ultima intervista a Tiziano ormai ritiratosi ad Orsigna. "L'inizio è la mia fine e la fine è il mio inizio. Perché sono sempre più convinto che è un'illusione tipicamente occidentale che il tempo è diritto e che si va avanti, che c'è progresso. Non c'è. Il tempo non è direzionale, non va avanti, sempre avanti. Si ripete, gira intorno a sé. Il tempo è circolare. Lo vedi anche nei fatti, nella banalità dei fatti, nelle guerre che si ripetono." Tiziano Terzani
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