Scritto più di cinquant’anni orsono, La fine è nota è un giallo dall’impianto solido, che incatena alla pagina grazie alla bellezza di una scrittura tersa e riflessiva, dal respiro ampio ma senza facili concessioni alla ridondanza. Geoffrey Holiday Hall srotola infatti a ritroso la sua detective-story intrecciando i destini dei suoi personaggi con grande abilità (e un respiro quasi faulkneriano), facendoci assaporare in pieno l’atmosfera degli anni Quaranta: siamo a New York, Baycard Paulton è un uomo ricco e di successo. Ha una bella casa, una moglie affascinante, amici interessanti. Una sera, quando lui non è ancora rientrato dal lavoro, viene visitato da un tipo strano che lo attende invano per un pò, salvo poi – senza alcuna apparente motivazione – togliersi la vita librandosi in volo dalla finestra. Un suicidio inspiegabile, che la polizia ben presto oblia negli archivi.
Ma dal lontano Montana giunge una donna a riconoscere il cadavere e raccontare una storia: da quel momento in poi abbandonare il libro diventa impresa impossibile.
E proprio come nel più classico dei mistery, dello scrittore Geoffrey Holiday Hall si sono effettivamente perse le tracce. Successivamente a questo romanzo, edito con discreto successo nel 1949, nel 1954 seguì un secondo libro (Qualcuno alla porta, Sellerio, 1992). Poi, più niente. Persino l’editore americano non conserva traccia di Holiday Hall nella sua banca dati. Quasi si trattasse di una digressione d’autore, o uno scherzo. O, come potrebbe alludere il nome stesso, di una “vacanza” sotto pseudonimo. Per dirla con Leonardo Sciascia, che firma la postfazione, «un piccolo mistero che sarebbe divertente risolvere».
Piccolo update: in realtà Holiday Hall è esistito davvero, non si trattava di uno pseudonimo. Era nato a Santa Cruz, New Mexico, nel 1913 ed è morto nel 1981.