Ieri riguardando Aliens di James Cameron (nella foto sopra) non riuscivo a non trovare il film, osservandolo sotto il profilo della scelta delle inquadrature, privo di fascino: sono soggetti, oggetti e situazioni mostrati sullo schermo, sempre eccessivi, a mantenere alta l’attenzione, ma credo che sia troppo comodo e poco impegnativo per un regista abbrancare occhi e orecchie dello spettatore, come fa un bambino che per ottenere l’interesse dei genitori, fa pipì in corridoio.
Cameron purtroppo non sa come comporre un’inquadratura che sia a sua volta parte integrante del racconto nonchè un modo di dargli un taglio preciso e definire le emozioni da trasmettere, il che significa raccontare sapendo mettere in luce ciò che è più pertinente, da un sopracciglio che si inarca all’esplosione di un’auto, ai fini della narrazione.
Copre questa lacuna con il dispiegamento di mezzi e si accontenta di piazzare una telecamera come se non fosse il regista, ma uno che passa per caso mentre Ripley o qualcun altro è coinvolto in una certa situazione.
Trovo tutte le inquadrature e le posizioni prese dagli attori negli spazi del set assolutamente casuali, prive di direzione che diano un senso alla storia.
Il regista quasi non c’è.
Tant’è che perfino Sigurney Weaver e gli altri attori a tratti buttano là le loro battute, senza dargli l’intonazione giusta.
Proseguendo con queste mie riflessioni mentre il film proseguiva, mi sono quindi reso conto del fatto che il regista non decida soltanto quando sia opportuno passare durante la fase di montaggio dall’inquadratura di una telecamera ad un’altra allo scopo di mostrare gli attori al momento giusto durante i dialoghi (dopo aver discusso con loro per ottenere l’interpretazione ritenuta più opportuna e dove posizionarsi rispetto alla telecamera) o come rendere soltanto appena comprensibile ciò che accade sullo schermo su un piano elementare.
Sono convinto che quel mestiere non abbia a che fare con il mostrare attraverso le immagini soltanto ciò che è più ovvio.
A volte un regista deve decidere che dettaglio di un’azione compiuta da un attore o del movimento di un oggetto è maggiormente necessario mettere in evidenza, oppure si trova a dover comporre un’inquadratura sfruttando le linee di forza e la prospettiva, in modo da comunicare esattamente non solo ciò che succede in un certo momento, ma anche la sua reale importanza per la storia, che poi è ciò che determina il suo successo nella comunicazione delle emozioni.
Nel film il regista, con la sua personalità e la capacità di dare una forma precisa a una pellicola, lo “sguardo” che lo rende molto più di un tizio che ha la responsabilità di gestire mezzi tecnici e persone, lo si trova nei dettagli:
La regia infatti gioca con la capacità di ogni essere umano di vedere non soltanto delle immagini e udire dei suoni, ma addirittura di dedurre da quegli stessi stimoli visivi e sonori una possibile concatenazione di cause e effetti.
Per esempio, durante una ipotetica piccola sequenza nella quale viene mostrato lo schermo completamente nero per un momento, può venire inserito nel nel montaggio sonoro un rumore fortissimo, per poi far seguire le immagini di un’auto che avanza incerta e poi si schianta. Per far capire allo spettatore se è stato un’incidente oppure no, la natura stessa del rumore può offrire delle alternative:
Facendo udire agli spettatori il solo scoppio di un pneumatico gli si può far intuire la natura accidentale della perdita di controllo della vettura, ma, anche solo aggiungendo il rumore di uno sparo poco prima, viene raccontata tutta un’altra microstoria, quella di qualcuno che volontariamente causa un danno all’auto con l’intento di deviarne la traiettoria o forse fermarla.
E tutto questo può essere “detto” allo spettatore senza mostrare effettivamente una sola inquadratura di un pneumatico che per ragioni accidentali scoppia o in alternativa un uomo armato che spara all’appena citato pneumatico, e al contempo si genera della suspance fra il momento nel quale viene udito il suono e la successiva inquadratura dell’auto.
Ciò può accadere in una sequenza di pochi secondi…il pubblico non sa che il regista, con l’aiuto degli editor audio e video, ha usato vari stratagemmi, ma ne ha colto il risultato finale, il suo scopo ultimo.
Il regista che sa davvero fare il suo mestiere sfrutta a suo vantaggio le istintive capacità percettive di ogni essere umano, per trasmettere tante informazioni in breve tempo usando pochi elementi sonori e visivi.
Per riuscirci deve possedere una certa finezza.