La Fiom dice “no” all’accordo. Silvio tace, Pomigliano non è Casoria.
Creato il 16 giugno 2010 da Massimoconsorti
@massimoconsorti
Leggendo le condizioni poste dalla Fiat per l’investimento da 700 milioni di euro a Pomigliano d’Arco, ci sono tornate alla mente le immagini di Schindler’s List, quelle in cui operai con addosso pigiamoni a righe, e un numero invece che il nome sul taschino, lavoravano a titolo gratuito in cambio della vita. Le richieste della Fiat, e di Sergio Marchionne, ai sindacati per spostare la produzione della Panda da Tichy in Polonia a Pomigliano d’Arco in Italia, somigliano tanto a quei diktat che di solito si fanno sapendo di mettere di fronte all’interlocutore una proposta che non può essere rifiutata: la vita nel caso di Schindler, il lavoro (che poi è la stessa cosa), nel caso della Fiat. Abbiamo sempre avuto un rispetto quasi sacro nei confronti dei diritti dei lavoratori, un po’ perché figli di proletari sfruttati e sottopagati, un po’ perché il sangue delle lotte operaie ha da sempre bagnato strade e fabbriche, ospedali e sanatori. Gli operai insomma, per troppo tempo, sono stati fra gli esseri più ricattati all’interno di qualsiasi processo produttivo, messi nelle condizioni di ammalarsi fino a morire di asbestosi quando tutti erano a conoscenza degli effetti letali dell’amianto, e di un campionario di carcinomi da far impallidire un trattato di oncologia. Se a tutto questo aggiungiamo anche le malattie riscontrate, ad esempio, dall’uso di sostanze come il piombo tetraetile, ci si rende immediatamente conto di un baratto che sembra destinato a non finire mai: la vita contro il denaro. Questioni di principio e affettive a parte, anche perché di affetto e di principi alla Fiat sono carenti dai tempi dell’Avvocato, vediamo cosa gli operai di Pomigliano d’Arco dovrebbero, o non dovrebbero, fare per continuare a lavorare. Gli impianti, dice la Fiat, “devono funzionare 24 ore su 24 sei giorni a settimana”, e grazie, il settimo si è riposato anche il Padreterno! Tre turni a rotazione, quindi, della durata di otto ore con gli ultimi trenta minuti (al posto dei quaranta previsti) per la refezione che prevede hamburger e patatine fritte anche alle sei del mattino. La turnazione porterà a lavorare settimane di sei giorni ma anche di quattro. Quando capiteranno turni di quattro giorni la Fiat potrà mandare gli operai a riposarsi nel reparto verniciatura dello stabilimento di Detroit, con domenica non pagata a Las Vegas e viaggio di ritorno in autostop. L’azienda a suo piacimento, e senza richieste preventive a nessuno, potrà imporre ottanta ore di straordinario l’anno che equivalgono ad altre due settimane di lavoro; a discrezione gli operai potranno investire i soldi in più in azioni Fiat. Cronometro alla mano e computer sintonizzato sulla lunghezza d’onda del cervello di Marchionne, saranno controllati i “tempi” di lavoro per ciascuna mansione, chi non li rispetterà riceverà punti di penalizzazione come avveniva una volta a Giochi senza frontiere. A fronte di tutti questi privilegi, la Fiat prevede, ovviamente, una serie di inadempienze che potranno essere sanzionate fino al licenziamento, dopo essere passati attraverso le pene corporali previste dal Manuale Guantanamo. Tutto questo capiterà a chi deciderà di scioperare durante il turno straordinario del sabato notte. C’è poi da risolvere la piaga dell’assenteismo della quale il Sud si è da sempre scientificamente macchiato. L’azienda non pagherà la propria parte se le assenze dei lavoratori supereranno le medie fisiologiche delle astensioni in occasione degli scioperi o delle elezioni, eventi nei quali gli operai si trasformano in scrutatori o presidenti di seggio. Ma c’è una perla che vale la pena di essere riportata, e non perché le altre citate non lo meritino, ma questa di più. Allora, l’azienda perde competitività non per colpa dei lavoratori ma per eventi esterni (terremoti, alluvioni, frane, nevicate, il compleanno di John Elkann, l’anniversario della morte di Gianni e Umberto Agnelli, e così via) o per l’interruzione delle forniture, ebbene i dipendenti avranno a disposizione i sei mesi successivi per rimediare ai danni, non causati da loro, rinunciando alla mezzora di pausa. Abolite, ovviamente, alcune voci in busta paga stile le “indennità di linea” ma gli straordinari le compenseranno adeguatamente. Mentre in Cina (non è un refuso), gli operai protestano fino ad ottenere migliori condizioni di lavoro dalla Honda, in Italia la Fiat, e Marchionne, ha deciso che lo Statuto dei lavoratori è stato superato di fatto dall’economia globale. Nessun diritto in fabbrica durante i turni di lavoro ma soldi sì, in cambio della vita e di quel poco di dignità rimasta. Nel pacchetto di proposte della Fiat, ce n’è una, scritta in “corpo quattro”, che prevede una tassa minima per l’acquisto della Conversione di Saulo del Caravaggio. Sarà il regalo di compleanno per Silvio Berlusconi, il cui silenzio in momenti come questo, è assordante. Pomigliano d’Arco, si sa, non è Casoria.
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