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La tendenza alla creatività, intesa come capacità di moltiplicare il proprio punto di vista e di trovare diverse soluzioni, è stata messa in relazione alla comparsa di disturbi mentali. È un dato di fatto che i disagi esistenziali generino nell’essere umano una costante voglia di esprimere se stesso. Tanto da far sorgere un binomio indissolubile fra creatività e follia. Abbiamo analizzato per voi la figura di alcuni fra i più grandi scrittori, passati alla storia come “malati di mente”. Non si tratta di artisti che per crearsi un’immagine hanno cercato di sfuggire alle regole sociali, ma di coloro che per una personale predisposizione hanno guardato la realtà con occhi diversi.
EDGAR ALLAN POE (Boston 19 gennaio 1809, Baltimora 7 ottobre 1849), scrittore americano che ha finito per essere considerato uno dei maggiori rappresentanti del genere gotico. Del movimento neogotico, infatti, riprende talune suggestioni, svincolandosi però dalle ambientazioni tipiche e sviluppandone più gli aspetti psicologici, indagando fra le ossessioni e gli incubi personali. Precursore del Decadentismo, egli visse un’esistenza caratterizzata da forti squilibri e disagi mentali. Lui stesso affermò: “Mi hanno chiamato folle; ma non è ancora chiaro se la follia sia o meno il grado più elevato dell’intelletto”. Debiti di gioco, alcool, delusioni d’amore e la morte della moglie lo condussero alla perdita della ragione. Pochi giorni prima di morire, fu raccolto delirante per le strade di Baltimora. Non rimase sufficientemente lucido per spiegare come si fosse trovato in tali gravi condizioni, né come mai indossasse vestiti che non erano i propri. L’effettiva causa della morte, sopraggiunta 4 giorni più tradi, rimane un mistero, anche se si parlò di “infiammazione cerebrale”.
CHARLES BAUDELAIRE (Parigi 9 aprile 1821, ivi 31 agosto 1867), poeta e scrittore parigino, incarna il mito del “poeta maledetto”. Simbolo della gioventù “bohemienne”, era incline al consumo di alcool, assenzio e droghe. La sua vita fu un susseguirsi di debiti, instabilità mentale e tentativi di suicidio. Rimase orfano di padre a soli sette anni, e le nuove nozze della madre con l’ufficiale di carriera Jacques Aupick costrinsero il suo temperamento nervoso e sensibilissimo a formarsi in una solitudine quasi completa. L’angoscia di vivere, espressa da Baudelaire, prende forma nella sua opera, “Les Fleurs du Mal”. Il titolo riassume l’idea di bellezza propria del poeta francese. Il male, come il bene, ha i suoi fiori, le sue bellezze. Il male risulta però più attraente e più accattivante. Baudelaire morì a soli 46 anni, ma lasciò al mondo le sue poesie, frutto del suo grande genio.VIRGINIA WOOLF (Londra 25 gennaio 1882, Rodmell 28 marzo 1941), fu scrittrice, saggista e critica di forte personalità, che emerse anche per il suo impegno libertario e a volte fuori dagli schemi a favore dei diritti civili e della parità tra i sessi. Quando era ancora adolescente il dover affrontare il dolore per la morte della madre scatenò in lei i primi disturbi psichici, che l’avrebbero accompagnata per tutta la vita fino alla sua tragica scomparsa. Si pensa fosse affetta da un disturbo bipolare, e fu vittima di forti sbalzi di umore, crisi depressive e profondi esaurimenti nervosi. Tentò diverse volte il suicidio, riuscendoci definitivamente il 28 marzo del 1841 gettandosi nel fiume Ouse. Autrice di opere che occupano un posto cospicuo nella narrativa sperimentale della prima metà del Novecento, la Woolf fu delicata indagatrice di moti dello spirito. I suoi libri, scritti in bellissima prosa, tendono a formare un disegno musicale e i suoi squisiti personaggi femminili, per quanto sottilmente trasposti, sono quasi sempre autoritratti.
DINO CAMPANA (Marradi 20 agosto 1885, Scandicci 1 marzo 1932), poeta italiano autore dei “Canti Orfici”, rivelò presto indole inquieta e straordinaria sensibilità. Venne anche internato in manicomio. Da giovane fuggì spesso di casa e si recò in paesi stranieri dove si dedicò ai mestieri più disparati. Alla fine dei suoi viaggi, senza una vera meta, ha trovato solamente la follia. I critici letterari lo hanno definito il poeta “visionario, allucinato, pazzo, orfico, vagabondo, mediterraneo”. Colui che amò molto Rimbaud e lo prese come esempio. La madre si dichiarava convinta di avere generato l’anticristo. Eppure, il colore, la musica, l’arte materica sono palpabilmente presenti in Campana che li trasfigura in un simbolismo onirico, ma vero. Nella sua poesia i valori classici e una grande modernità si compenetrano, in una forma e in una purezza irripetibili.
La lista sarebbe ancora lunga. Riflettere sulla follia vuol dire riflettere sulla nozione di identità, su come percepiamo le cose, su che cos’è la realtà. L’alienazione mentale sembra dare quindi quella giusta tranquillità che si oppone alla lacerante molteplicità dell’esistenza.