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La forma dell’anima. Il cinema e la ricerca dell’assoluto – Andrej Tarkovskij

Creato il 30 agosto 2013 da Maxscorda @MaxScorda

30 agosto 2013 Lascia un commento

La forma dell'anima
Che Tarkovskij sia il mio sommo riferimento cinematografico non e’ un mistero. Solitamente mi lego ad un artista tramite un’affinita’ emotiva che diviene sublime nel momento in cui a questa si aggiunge una valenza tecnica stupefacente e maggiore e’ la somma di idee e tecnica, piu’ grande e’ la mia ammirazione e dedizione.
Scoprii Tarkovskij in una calda notte televisiva di oltre trenta anni fa, quando la RAI trasmise "Solaris", film che a suo tempo mi fu incomprensibile che pero’ sedimento’ nel profondo della mia fantasia e che con qualche anno in piu’, imparai ad amare smisuratamente. Ho poi percorso la carriera cinematografica e umana di Tarkovskij in lungo e in largo e tutt’oggi affranto per la prematura scomparsa, tengo nell’anima la sua produzione con affetto materno e con tenace stupore vivo la sua capacita’ di raccontare il cuore dell’uomo.
In questo libro Tarkovskij si racconta e lo fa attraverso alcune conferenze che tenne tra il 1967 e il 1981 presso il Comitato Statale Cinematografico.
Appena qualche riga ed egli svela la sua poetica con poche parole: "Il cinematografo ideale dovrebbe assomigliare a un documentario, non come modalita’ di ripresa ma come modalita’ di riproduzione, di ricostruzione della vita".
Semplice eppure in antitesi all’idea di un cinema fintamente ammantato di etica che nulla condivide con l’arte ma funzionale all’indottrinamento di masse ignare. Tarkovskij ebbe il coraggio di affrancarsi dalla prassi cosi’ comune nell’Unione Sovietica che da Ejzenstejn in avanti non rinuncio’ mai alla propaganda di regime anche attraverso il cinema.
Parlo di poetica ed e’ nella sua poesia che ancora una volta chiarisce cosa intenda: "Se l’uomo percepisce l’assoluto, gli viene concesso di rappresentarlo". Ecco quindi il suo segreto e il segreto dei grandi, la poesia non si crea ma si raccoglie tutt’attorno e l’artista e colui che sa vederla e offrirla agli altri.
"La metafora comunque non e’ adatta al cinematografo, nonostante parecchi critici sostengano il contrario" e su questa premessa, il compianto regista russo analizza nelle sue lezioni il cinema a 360 gradi, partendo dalla definizione di arte, passando per il delineare concetto e struttura di forma ed entrando nello specifico sull’idea, la trasformazione in sceneggiatura ed infine il montaggio.
Schietto nelle sue tesi cosi’ come sincero fu il suo cinema, racconta e si racconta, non esprime verita’ assolute ma con fermezza difende le proprie posizioni. Cita nel bene e nel male altri colleghi, la sua ammirazione per Bresson e’ palpabile e altrettanto si puo’ dire di Bergman ed in generale difende ed esalta il lavoro compiuto da artisti che non antepongono l’artifizio alla sincrerita’.
Le sue sono lezioni di cinema ma ancora prima di filosofia sull’arte e quindi sulla vita.
La lettura di questo libro ha decuplicato la mia ammirazione per Tarkovskij oltre ogni possibile misura ma ancor meglio mi ha aiutato a focalizzare quali siano i punti di contatto col suo modo d’intendere il cinema e comprendere perche’ egli mi appaia tanto grande e importante.
Testo imprescindibile su Tarkovskij e ancor meglio sul cinema tutto.
"L’arte esprime tutto cio’ che v’e’ di migliore nell’uomo: la Speranza, la Fede, la Carita’, la Bellezza, la Preghiera."


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