Un team internazionale di astronomi guidati da ricercatori dell’INAF presenta i primi risultati del grande progetto VIPERS (VIMOS Public Extragalactic Redshift Survey) che sta ricostruendo la struttura a grande scala dell’Universo quando aveva circa la metà della sua età attuale, ovvero attorno ai 7 miliardi di anni.
Misurando la distanza di 55.000 galassie con il Very Large Telescope (VLT) dell’ESO, è stata prodotta una mappa della distribuzione di materia con un’estensione e un dettaglio mai raggiunti prima a quest’epoca cosmica.
L’immagine che viene fuori è quella di un’immensa ragnatela cosmica che si estende per miliardi di anni luce, fatta di galassie, gas, polveri, ma anche di numerose zone apparentemente sgombre di materia visibile, dove invece potrebbe annidarsi quella ‘oscura’.
La novità del progetto è nella combinazione senza precedenti delle dimensioni del volume esplorato e del dettaglio con cui la struttura a grande scale viene ricostruita. L’ambizioso obiettivo è quello di misurare le distanze di circa 100.000 galassie in un volume di quasi due miliardi di anni-luce cubici per ricostruirne la loro distribuzione tridimensionale.
I risultati, molto attesi, cominciano ad arrivare: sono stati infatti presentati una serie di articoli inviati alla rivista Astronomy & Astrophysics e pubblicati online su arxiv.org che si basano sulle prime 55.000 galassie finora osservate. “È il primo traguardo di un lavoro iniziato nel 2008 e che richiederà altri 3 anni per essere completato” commenta Luigi Guzzo, dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Brera, coordinatore generale del progetto.
Il primo e più spettacolare risultato fornito da questi dati è nelle mappe della distribuzione delle galassie basate sulle nuove misure di distanza che mostrano come già a quell’epoca l’Universo fosse organizzato in grandi strutture filamentose, che connettono gli ammassi di galassie e circondano ampie zone vuote.
E’ il cosiddetto Cosmic Web, la ragnatela cosmica che i ricercatori spiegano come il risultato dell’amplificazione da parte della forza di gravità di piccole perturbazioni nell’Universo primordiale. La struttura è analoga a quella osservata nell’Universo più vicino a noi, ma rappresenta un fotogramma intermedio del film cosmico, scattato circa 7 miliardi di anni fa e per di più dettagliatissimo e molto esteso.
Un fondamentale passo in avanti che ci permette di avere a disposizione, per la prima volta, una visione d’assieme dell’Universo a queste epoche. Grazie all’estensione di queste mappe, il team di VIPERS è stato in grado di produrre già con il campione attuale dei risultati che migliorano significativamente la nostra conoscenza sia delle proprietà globali della popolazione di galassie, sia della loro distribuzione spaziale a grande scala.
Il livello di disomogeneità alle diverse scale (galassie, ammassi di galassie, filamenti) è infatti strettamente legato alle proprietà delle componenti fondamentali dell’Universo. Quanta e quale materia oscura è necessaria per spiegare ciò che vediamo? Che cosa produce l’accelerazione dell’espansione che oggi osserviamo?
È la cosiddetta energia oscura oppure in realtà stiamo usando una teoria non corretta per descrivere l’Universo su queste scale? Tra i principali obiettivi di VIPERS c’è quello di fornire risposte a questi interrogativi. Uno dei lavori in fase di pubblicazione mostra che la distribuzione e le velocità delle galassie sono compatibili con le previsioni della Relatività Generale e confermano quindi la necessità di inserire una forma di energia oscura nelle relative equazioni, per spiegare l’espansione accelerata.
Un altro degli articoli in corso di pubblicazione presenta una misura molto precisa del numero di galassie di grande massa già presenti nell’Universo quando questo aveva 7 miliardi di anni. “Avere a disposizione queste informazioni per campioni di centinaia di migliaia di galassie – come sarà il caso di VIPERS al termine del progetto tra tre anni – permette di identificare nel dettaglio i processi e le leggi fisiche che ne regolano l’evoluzione, informazioni che possono essere fraintese se si usano campioni troppo piccoli e non rappresentativi di simili oggetti celesti”, commenta Micol Bolzonella dell’INAF – Osservatorio Astronomico di Bologna, che nel progetto coordina gli studi di evoluzione delle galassie.
“Non è stato semplice arrivare a questi risultati, ottenuti grazie a un lavoro lungo e sistematico, che ha richiesto lo sviluppo di procedure automatizzate di calibrazione e analisi dei dati e il coordinamento di un grande sforzo collettivo” prosegue Guzzo.
“Gli istituti dell’INAF hanno avuto un ruolo centrale in questo compito. In particolare, presso l’INAF-IASF di Milano si trova il ‘Centro Riduzione Dati’ del progetto, sotto la responsabilità di Bianca Garilli e Marco Scodeggio, che ha sviluppato sia il software di calibrazione e gestione della survey, sia la struttura informatica di archiviazione dei dati”.
E’ da qui che i dati sono scaricabili dai membri del team per le diverse analisi, ed è qui che l’intera comunità scientifica mondiale potrà accedere a questo nuovo campione a partire già da settembre prossimo.