Pippo Civati riporta una cosa detta da Barca, attualmente ministro (forse il migliore del Governo Monti), uno che in molti di noi vorrebbero sindaco a Roma. Barca dice:
«Non rimpiango la classe politica dell’ultima Prima Repubblica. Venti anni fa, con Tangentopoli, quei partiti si sono suicidati e si è attribuita alla forma-partito la responsabilità esclusiva del disastro. Ma dopo cosa abbiamo avuto? Da un lato il leaderismo in un partito che è stata un’organizzazione di selezionati, secondo i criteri gerarchici di un’azienda. Sul versante opposto, nel campo del centrosinistra, si è incespicato a lungo e alla fine si è concluso che il partito non esisteva più. Si è inseguito il modello americano. Il partito liquido, senza considerare che in una società dove tutto è liquido senza un qualche collante le fondamenta crollano. Oppure il cesarismo alla Blair che ha spezzato altri fili di democrazia: l’idea per cui i partiti servono solo a selezionare ogni cinque anni un premier e diciotto ministri e poi devono sparire…».
Barca viene dalla tradizione comunista, io la penso come lui: i partiti devono essere luoghi reali, non liquidi, non a tempo per selezionare e sparire. Ma, aggiungo, non devono essere nemmeno asfittici e chiusi come sono stati in questi venti anni.
Tra la liquidità americana e la solidità sovietica esiste una terza via, europea di partecipazione…oggi il PD è malato di sovietismo e affetto da americanismo…deve guarire da tutte e due le malattie e diventare un luogo permeabile, trasparente che non sia di proprietà di nessuno, ma sia davvero, un Bene Comune.