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La Fornero e l’audacia del can che abbaia

Creato il 24 aprile 2012 da Albertocapece

La Fornero e l’audacia del can  che abbaiaAnna Lombroso per il Simplicissimus

Il roboante Fatto Quotidiano con il sussiego della “moralona” cui piace essere ubiqua e obiettiva   encomia l’audacia de La Fornero che si è prestata magnanimamente a tenere una lectio magistralis  sulla sua “riforma” agli operi dell’Alenia.

Deve essere successo qualcosa di tremendo se è stata talmente annichilita la critica, oltre alla concertazione e al buonsenso, che un giornale, che  vanta una vocazione all’invettiva e alla rivelazione scomoda, trasforma in virtù il supponente e sopraffattore istinto al comando e all’imposizione di una pasticciocrate che le sbaglia tutte, perfino l’aritmetica dell’iniquità, perfino la contabilità ragionieristica della disuguaglianza, perfino i calcoli miserabili dell’arbitrarietà.

Bisogna ricordar loro che cos’è il coraggio? Da quello di Falcone o Borsellino, di Ambrosoli, di Matteotti, dei ragazzi in montagna che probabilmente per il governo erano ragazzi viziati in cerca di emozioni, di Robert Kennedy, di Leonida, quella cifra politica per eccellenza se per Socrate è  la scienza delle cose da temere e di quelle da osare, in ogni campo? O oggi, nel modo più domestico dei piccoli eroi, la forza di decide di trasferirsi a vivere in un paese straniero,di chi sceglie di  andare via per sentirsi libero di decidere della propria vita, di chi denuncia, di chi pensa “altrimenti” per migliorare sé e gli altri, di chi vota liberamente a un referendum della Fiat, di  non ricorre alle ineluttabili scorciatoie, di chi ragiona con gli altri e con gli altri cerca di opporsi ai poteri forti, anche solo con una firma. Penso che sia stato coraggioso Obama a avallare la decisione del sindaco di New York, Michael Bloomberg, di approvare la costruzione di una moschea nel luogo dove c’erano le Torri Gemelle dichiarando inalterabile il principio democratico della libertà di culto. Penso che sia coraggiosa un sacco di gente che conosco, me compresa, che lavora, accudisce i genitori, cucina per gli amici, paga le tasse non perche è una gioia ma perché si deve, è di buonumore se c’è il sole, fa sedere in bus una signora nera se è stanca. Insomma è un po’ triste ma è anche bello che essere “per bene”sia una manifestazione di coraggio.

 

E decisamente La Fornero può essere perbenista, è nel suo codice genetico, ma non è per bene, non vuole il nostro bene, è ostile al bene comune come all’interesse generale. Come non lo sono quelli che impongono una patrimoniale ai ceti poveri, appagano i privilegi dei pochi contro i bisogni di tutti, condannano alla paura del futuro i giovani e all’incertezza tutti, trasformano i diritti in favori da elargire discrezionalmente, alimentano ostilità tra le generazioni e inimicizia tra affini. E non è virtuosa se sono virtù il coraggio, la moderazione, la giustizia, la generosità,  quelle sfere universali di esperienza e scelta, in vista   di un’etica oggettiva, di una equa  distribuzione delle risorse, del rispetto di caratteri, aspirazioni e  inclinazioni diverse.

Il coraggio di questo governo e di una ministra che con festosa abnegazione si è scelta il ruolo di cane da guardia rabbioso e feroce, è quello di rivendicare decisioni impopolari, che lo sono oggettivamente non in quanto sgradite ma perché vanno contro il popolo. E di proclamarle, anche in propagandati spot in fabbrica,  in nome della missione assunta di annientare diritti in nome della necessità, di confermare incertezza e precarietà in nome del desiderabile profitto, di praticare disuguaglianza in nome di una ideologia dell’iniquità, della quale sono gli entusiasti mandarini quelli che alle due I dell’Idealismo e dell’Illuminismo sbrigativamente sostituiscono  le tre “I” di Inglese, Internet e Impresa, tante care alla Thatcher, insieme alla P di profitto e alla  A di avidità e accumulazione.

Il coraggio è nostro se usciamo dallo  “stato di minorità” cui la loro ideologia vuole condannarci quello nel quale sembra preferibile delegare   ad altri il peso delle decisioni, della coscienza e della responsabilità,   quello in cui sembra desiderabile disfarsi  del proprio intelletto per  esser guidati da un soggetto superiore per competenza o per censo o per imposizione. Il coraggio è nostro se ci riconquistiamo rispetto e dignità, quella della quale domani ricorre la festa.

 


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