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La forza del destino – Marco Vichi

Creato il 16 marzo 2012 da Temperamente

La forza del destino – Marco VichiPer parlare di questo romanzo, partirei da un presupposto: di solito, quando una persona sceglie di approcciare un giallo, lo fa per misurarsi con un mistero, per competere con l’autore nella scoperta del colpevole, per scoprire se l’assassino riuscirà a farla franca; in sostanza, la suspense, la tensione, sono parte integrante del piacere di leggere. Qui non ce n’è traccia: da subito si sa chi sono i colpevoli, di quale abietto delitto si sono macchiati, quale sarà il loro destino.

Nella Firenze del dopo-alluvione, il commissario Bordelli (Non sono più commissario è il refrain che ricorre nei dialoghi) ha scelto la pensione; duramente colpito da un atroce delitto, un ragazzino violentato e ucciso da quattro persone non incriminabili perché protette dalla Massoneria, e dal brutale avvertimento che gli è stato riservato come memento alla prosecuzione delle indagini, lo stupro della compagna e una lista con i nomi dei suoi più cari amici, ha preferito ritirarsi in campagna. Il suo proposito è quello di coltivare un orto, fare passeggiate nei boschi e aiutare la giustizia a fare il proprio corso, nella maniera che suppone sia quella corretta. Vari personaggi di contorno lo aiuteranno, più o meno consapevolmente, a portare a termine la sua missione.

Il romanzo è lungo, lento e piuttosto monotono. Per interi capitoli il protagonista è intento in azioni ripetitive e assolutamente non utili alla trama o allo svolgimento della vicenda. Interi episodi sono inseriti senza alcuna ragione narrativa, con l’unico risultato di spezzare il ritmo già di per sé poco sostenuto. La sensazione che pervade il lettore è la snervante attesa di un colpo di scena, di un cambio di prospettiva, di un imprevisto qualsiasi; non accade niente di tutto questo: le intenzioni del protagonista, svelate in apertura, sono costantemente ribadite e infine messe in pratica senza che nulla porti un minimo di tensione narrativa.

L’elemento più irritante è l’asservimento al codice morale costruito ad hoc dal protagonista; nessuno degli altri personaggi obietta, pone domande, mette in dubbio la liceità etica dell’intera operazione, ma tutti esultano e si compiacciono per le azioni di Bordelli. Lo stesso (ex) commissario non ha mai incertezze o dubbi: la sua sicurezza granitica nell’aver ragione non si scalfisce mai. Anche il finale conferma la sensazione di un libro senza un reale svolgimento, assolutamente piatto e monocorde.

Maria Di Piazza

Marco Vichi, La forza del destino, Guanda, 2011, pp. 380, € 18,50.


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