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La Fossa delle Marianne: un inaspettato patrimonio di biodiversità
Da Naturamatematica @naturmatematicaUn gruppo di ricercatori ha scoperto che la Fossa delle Marianne, la fossa oceanica più profonda della Terra e situata nel Pacifico, ospita molta più vita di quanto si potesse immaginare. Infatti, pur arrivando ad una profondità di 11.000 m, ospita una quantità di organismi 10 volte quella delle piane abissali sovrastanti, che si trovano a "soli" 5000 m di profondità dalla superficie delle acque oceaniche.
La ricerca è stata condotta sfruttando i dati raccolti nel corso di una missione internazionale guidata da Ronnie Guld della University of Southern Denmark con l'ausilio di un robot sottomarino, ed è stata pubblicata nel mese di marzo 2013 sulla rivista Nature Geoscience. Dopo aver analizzato l'ingente mole di dati raccolti, gli studiosi hanno scoperto che le comunità biologiche che vivono nella Fossa delle Marianne sono costituite soprattutto da microbi che si nutrono a spese dei resti di organismi morti che cadono lungo la colonna d'acqua dagli strati d'acqua superiori. Adesso i ricercatori vogliono studiare questo curioso patrimonio di biodiversità abissale, anche perché questi microrganismi devono poter sopportare l'elevata pressione ad una simile profondità insieme all'assenza di luce, e quindi potrebbero avere meccanismi biologici e biochimici diversi da quelli degli organismi che vivono negli strati d'acqua superiori. Inoltre, non è secondario il fatto che grandi quantità di sostanza organica precipitata dagli strati d'acqua superiori venga intercettata ed utilizzata da questi microrganismi, i quali pertanto possono assumere un inatteso quanto importante ruolo nel ciclo del carbonio sul nostro pianeta, confermando così l'ipotesi a lungo sostenuta da diversi geologi che le fosse oceaniche siano ben altro che luoghi inospitali ed inadatti alla vita.
Glud, R., Wenzhöfer, F., Middelboe, M., Oguri, K., Turnewitsch, R., Canfield, D., & Kitazato, H. (2013). High rates of microbial carbon turnover in sediments in the deepest oceanic trench on Earth Nature Geoscience, 6 (4), 284-288 DOI: 10.1038/ngeo1773
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