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La fotografia coloniale

Creato il 10 aprile 2011 da Libereditor

Dopo la Rivoluzione industriale in Europa c’era “fame” di prodotti coloniali e alla buona borghesia rimasta a casa piaceva dilettarsi con i racconti e le immagini di consumo e intrattenimento dei settimanali illustrati (settimanali la cui tiratura era all’ordine del milione di copie per l’intera Europa).

L’analisi del materiale fotografico delle colonie svela soprattutto l’eurocentrismo e la prevaricazione dei “bianchi” operata anche tramite l’immagine.
L’immaginario coloniale poteva essere controllato e manipolato giocando proprio su quel meccanismo illusorio che caratterizza l’immagine: la realtà, l’alterità, veniva messa in scena così come si voleva che apparisse.

La fotografia coloniale

Congo Belga, 1910 – punizione corporale in una piantagione. Questa fotografia è tratta dalla mostra fotografica Rivoluzione del mondo moderno organizzata a suo tempo dalla Fabbri editore.
Un uomo nudo è prono e legato mani e piedi a grossi a terra in una radura. Guarda verso altri due uomini e ha la testa alzata forse a implorare pietà. Uno dei due uomini in piedi sopra di lui ha un’esile frusta (non è il tipo di frusta più usato a quei tempi per punire, la chicotte, una lunga frusta fatta con pelle di ippopotamo essiccata e attorcigliata) e sta facendo segno di volerlo punire. Ha un copricapo che sembra un fez e una camicia scura che assomiglia a una divisa militare. L’altro uomo presente ha le mani dietro la schiena e guarda l’uomo fermo a terra senza troppa convinzione.
E’ significativo il fatto che la punizione corporale è affidata agli indigeni. Il messaggio sembra essere questo: noi bianchi colonizzatori, razza superiore,  non ci sporchiamo le mani. La foto probabilmente doveva servire a “educare”.

Le fotografie propagandavano anche (e con insistenza) l’immagine umanitaria e paternalistica dell’occupazione belga. Amplificavano il messaggio politico di un colonialismo benefico, caritatevole, umano, pietoso. Dovevano avere una funzione rassicurante...


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