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La funzione dei nuraghe 2° e ultima parte

Creato il 29 settembre 2010 da Pierluigimontalbano
La funzione dei nuraghe 2° e ultima parte
La funzione dei nuraghe
di Mauro Perra

Un altro studio ha riguardato il Pranu e Muru di Orroli, un altro tavolato basaltico che si trova intorno ai 550 metri di altitudine che comprende i comuni di Orroli e Nurri. È tagliato dal corso del fiume Flumendosa. Lungo l’orlo a precipizio del tavolato ci sono oltre 30 nuraghe, con una scala di valori gerarchici. C’è l’Arrubiu, un pentalobato, e altri nuraghe piuttosto semplici. L’Arrubiu è posto proprio sul guado che consentiva di passare da Orroli a Escalaplano, gli altri sono disposti lungo il margine, in prossimità delle scalas. L’Arrubiu è stato scavato intorno agli anni Ottanta e sono state fatte anche le analisi dei pollini. Questo studio botanico è importante perché oggi andando nella giara di Gesturi, o nella giara di Siddi, o nel Pranu e Muru di Orroli, troviamo luoghi spogli, privi di vegetazione. Ci sono solo piccole querce piegate dal maestrale e c’è da chiedersi come facessero a sopravvivere tante persone in questi luoghi. La storia dei pollini di questo nuraghe ci ha raccontato che quando il nuraghe fu costruito, intorno al XIV a.C., c’era una densa foresta di querce, ma dopo un secolo la foresta scompare. Dall’80% di pollini di piante arboree si passa al 20%. La spiegazione la forniscono i microfossili non pollinici. Sono state trovate delle spore di funghi particolari (Chaetomium sp.) che crescono in occasione degli incendi. Il bosco è stato bruciato dai nuragici per far posto a radure adatte alla coltivazione di cereali, troviamo infatti pollini di cereali. Inoltre, lo studio delle ossa animali, ci dimostra che attorno al nuraghe si allevavano le tre specie caratteristiche del bacino mediterraneo: bovini, suini e ovicaprini. Analizzando le spore al microscopio hanno infatti scoperto un fungo (coprofita) che cresce negli escrementi degli animali. Evidentemente, come oggi, anche allora non si preoccupavano tanto dell’impatto ambientale. A dimostrazione di tutto ciò, all’interno del nuraghe Arrubiu si trova una piccola torre vuota, lastricata, alta 4.7 metri, costruita con pietre di piccolo taglio, È al centro di un sistema di torri ed è quindi sorvegliatissimo. Si tratta del silos della comunità, e il calcolo della capacità è risultato di circa 150 quintali, sufficienti a sfamare per un anno una popolazione di circa cento individui. Si deve tener conto che 25 quintali devono essere tolti per la semina annuale successiva. Probabilmente c’è un altro silos che non è ancora stato scavato, delle stesse dimensioni di quello già scavato. Con la flottazione dovremmo riuscire a trovare resti vegetali carbonizzati. Era quindi il granaio della comunità intera. Il vaso per conservare le derrate si chiama dolio. Questi contenitori potevano essere alti fino ad un metro e contenere fino a 3 quintali di cereali. Ne sono stati trovati tanti, purtroppo fracassati, ma nel fondo c’erano semini carbonizzati di grano tenero. Contenevano grano e orzo.
Nel nuraghe quadrilobato Lugherras di Paulilatino è stato trovato un silos identico, un granaio incassato dentro la muratura. Nel nuraghe Orolo sono stati trovati due granai dentro la torre centrale. Dalla capienza si potrebbe fare un calcolo per arrivare al consumo pro-capite e, quindi, alla stima della popolazione della comunità. Si tratterebbe di calcoli statistici, e andrebbero presi con le pinze, ma sono comunque dati sui quali lavorare.
In quell’epoca il tempo era misurato dal giorno e dalla notte, e dalle operazioni che si svolgevano durante l’anno, legate all’agricoltura e alla pastorizia. Tra queste è molto importante la mietitura. La macinazione (molitura) del grano veniva fatta con macine a mano e si pensa che fossero le donne a farlo, mentre i maschi si occupavano della mietitura. Le popolazioni avevano una dieta ricca di cereali e legumi (favino) e consumavano abbondanti dosi di carne, compreso il cervo e il cinghiale.
La funzione dei nuraghe 2° e ultima parte
Nello strato del XIV a.C. del nuraghe Arrubiu c’è il vespaio che i nuragici hanno preparato su cui costruire il monumento. Quando si scava un nuraghe vengono ritrovati oggetti della vita quotidiana e oggetti rituali, come nel caso del vaso ritrovato infilato negli strati più antichi. I nuragici hanno fatto un buco nel pavimento del XII a.C. e lo hanno inserito nello strato del XIII a.C. compiendo, probabilmente, un rituale di rifondazione del nuraghe. Forse c’è stato un cambio di società, o forse l’Arrubiu perse la funzione di controllo del territorio e divenne un luogo per la conservazione delle risorse. Proprio negli strati del XII sono stati trovati tanti dolii contenitori di cereali.
Nello strato di base, quello del vespaio, si nota anche un altro rito nell’Arrubiu: hanno spaccato un vaso miceneo che, in base alle analisi chimiche delle argille, proviene da Micene o da Argo. Si tratta di un rituale di fondazione.
Dalla fine degli anni Ottanta, sono cambiati i metodi con i quali si affronta uno scavo. Oggi si setaccia la terra insieme all’acqua (flottazione). I materiali pesanti come il fango e le pietre cadono giù, e rimangono in superficie i resti carbonizzati. Fra questi, nella zona in questione, sono stati ritrovate tracce di vitis vinifera, quindi oltre ai cereali coltivavano la vite per fare il vino. Alcuni vasi sono stati analizzati chimicamente all’interno e hanno dato residui di acido tartarico, il primo componente del vino. Grazie al sistema della flottazione, in molti nuraghe si stanno trovando non solo i semi carbonizzati di grano e orzo, ma anche quelli della vite, di legumi e altro. Fino agli anni Settanta si scavava il nuraghe guardando nelle pietre, oggi sappiamo qualcosa in più sull’ambiente circostante grazie ai nuovi metodi utilizzati. Sappiamo cosa coltivavano e cosa mangiavano.
In uno strato del XIV a.C. del nuraghe Conca sa Cresia nella Giara di Siddi, sono stati trovati semini di grano tenero. Sono attualmente in corso analisi particolari di questi residui ed è prevista anche quella al c14. Una branca dell’archeologia, la zoo-archeologia, studia i resti di ossa animali delle popolazioni preistoriche. Questi resti di pasto ci hanno chiarito che l’allevamento era basato sulle tre specie mediterranee ma era integrato dalla caccia al cervo, al cinghiale e al Prolagus sardus, un grosso roditore senza coda oggi estinto. Gli zooarcheologi sono tanto bravi da riuscire a determinare l’età dell’abbattimento, il sesso, la specie a cui appartengono le piccole ossa. Nel nuraghe Arrubiu e a Gesturi nel nuraghe Bruncu Madugui, gli specialisti sono riusciti a trovare, su alcune ossa, le tracce di rosicatura di un cane al quale venivano, evidentemente, gettati i resti del pasto dal padrone.
Nel nuraghe Arrubiu, da un allevamento iniziale prevalente di bovini, che sono grandi mammiferi che preferiscono un ambiente boscato, si passa all’allevamento di ovi-caprini, animali che vivono in ambienti più poveri di piante.
Ogni società umana, oltre ad addomesticare piante e animali, addomestica anche lo spazio e il tempo. L’uomo si appropria dello spazio trasformando il territorio, costruendo nuraghe e cambiando il paesaggio. In tal modo si costituiscono società di tipo complesso con uomini che vivevano bene nel loro tempo e sfruttavano a fondo l’ambiente circostante.
Intorno all’inizio del X a.C. si assiste ad un crollo progressivo dei nuraghe, e non vengono più costruiti. Quelli che sopravvivono vengono trasformati, come ad esempio Su Mulinu di Villanovafranca dove, in una delle camere del bastione centrale, viene ritrovato un grande altare in pietra, con vasca che riproduce un nuraghe. Un fenomeno simile avviene nella Giara di Serri dove, poco prima del 1000 a.C., i nuraghe vengono smantellati per costruire un enorme santuario e il tempio a pozzo. Una situazione simile l’abbiamo anche nel nuraghe murdoles di Orani. Assistiamo alla trasformazione dei nuraghe in qualcos’altro, come certamente avviene anche nella società. In questi luoghi di culto si iniziano a deporre degli ex-voto, i famosi bronzetti. Se osserviamo l’eroe con 4 occhi e 4 braccia notiamo che ha due scudi, due spade e dobbiamo pensare che l’artigiano abbia voluto rappresentare un essere sovrumano, un personaggio mitico. Insieme alle sculture in bronzo troviamo rappresentati i guerrieri in pietra, quelle statue giganti ritrovate a Monte Prama e attualmente in fase di restauro al centro di Li Punti, vicino a Sassari. Sono arcieri, portatori di spada e pugilatori, alti oltre due metri.
Gli studiosi si chiedono cosa stia succedendo, cosa ha provocato questi avvenimenti, queste trasformazioni. Sono segni che l’archeologo deve cogliere, soprattutto perché si tratta di un fenomeno diffuso in tutta l’isola.
Perché rappresentare se stessi come guerrieri, miniaturizzare i nuraghe e rappresentarli in pietra e in bronzo? È curioso che ciò accada proprio mentre i nuraghe crollano. Verrebbe da pensare che volessero richiamare un passato mitizzato. Qualcuno dei personaggi emergenti della nuova società ha necessità di legittimare la propria posizione egemone, e si rifà al passato mitico dei costruttori di nuraghe.
In conclusione si può affermare che i nuraghe hanno una vita lunga ed è sbagliato cercare di attribuire una singola funzione alle strutture. La destinazione d’uso cambia col tempo e a seconda delle esigenze della comunità. Cogliere la scansione temporale della vita dei nuraghe è fondamentale per capirne l’utilizzo.
Segnalo che il Dr. Mauro Perra sarà relatore il 17 Ottobre a Villanovaforru, in occasione del primo appuntamento, dei 12 previsti, con la rassegna culturale "Viaggio nella Storia". A breve inserirò la locandina nel blog.
Nelle immagini da archeologiasarda.com e wikipedia.org, il nuraghe Lugherras di Paulilatino e il nuraghe Bruncu Madugui di Gesturi.

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