Il prologo è la parte introduttiva di un lavoro teatrale la cui funzione è (o meglio era, in quanto il prologo è caduto in disuso) di portare a conoscenza del pubblico l’antefatto o di anticipare in sintesi gli eventi dell’azione o più semplicemente di porgere un saluto al pubblico. A volte il prologo era una vera e propria scena e assumeva fisionomia di atto introduttivo o autonomia d’azione (e in tale forma fu ripreso da Brecht nel Cerchio di gesso del Caucaso), o poteva trattarsi di un monologo. Generalmente quindi il preambolo viene utilizzato per il teatro, ma per estensione può essere il preambolo di un’opera scritta come il romanzo. Anche in questo caso l’espediente è usato di rado e ve ne sono buone ragioni. Infatti, il prologo rientra negli espedienti narrativi della scrittura ma deve inserirsi nella storia narrata con un incastro perfetto se non vuole sminuire l’aspettativa del lettore o restare un orpello che non aggiunge nulla all’economia della storia.
A questo punto viene da chiedersi quale effetto narrativo aggiunga il prologo alla storia di un romanzo per migliorarla? Per rispondere a questa domanda citerò come esempio il prologo di introduzione al romanzo Mentre Alma dorme di Igor Štiks:
“A questo punto vorrei annotare ogni cosa accadutami negli ultimi mesi, anche se, in realtà, nutro forti dubbi sulla possibilità di sopravvivere a tale racconto. Anzi, forse la scrittura che sto per intraprendere, l’elenco dei fatti appena iniziati, altro non è se non un modo per procrastinare la fine imminente. A dire il vero, sono sempre più propenso a credere cha sia impossibile continuare a vivere dopo aver capito come ogni cosa sulla quale poggiava la mia vita era di per sé menzogna, inganno, persino truffa, dietro la quale si celava una verità conosciuta fin troppo tardi. Simile a una serpe sulla quale fatalmente inciampi, e che ti morderà proprio nel punto più fragile iniettandoti il veleno che garantisce una morte lenta. E purtroppo, colui al quale la vita scivola sotto i piedi è spesso pronto ad afferrare la mano senza guardare di chi sia e, come di solito accade, a tirarsi dietro pure colui che gliel’aveva tesa.
Nel mio caso non si trattava di una qualsiasi serpe velenosa, bensì di quel genere di serpente che magnanimo, concede alla vittima di scegliere il momento della propria morte .L’antidoto non c’ è e non ci sarà. Tale momento si intravede da qualche parte alla fine di questo resoconto sulla duplice nascita di un uomo. Sì, perché, negli ultimi tempi, propendo fortemente a credere di essere nato due volte, la prima a Vienna, nel 1942, e la seconda a Sarajevo, mezzo secolo dopo.
Questa è appunto, l’annotazione di tale seconda nascita, lunga e dolorosa.”
(da Mentre Alma dorme di Igor Štiks, Frassinelli 2008)
Innanzitutto in questo caso il prologo è narrato dallo stesso protagonista della storia (in altri casi è stato utilizzato un narratore testimone dei fatti ma non direttamente implicato nella vicenda ad esempio un amico) che introduce al nucleo essenziale di quello che sarà il fatto. L’aspetto su cui concentrare l’attenzione è proprio l’essenzialità di questo fatto così descritta: “sono sempre più propenso a credere cha sia impossibile continuare a vivere dopo aver capito come ogni cosa sulla quale poggiava la mia vita era di per sé menzogna, inganno, persino truffa, dietro la quale si celava una verità conosciuta fin troppo tardi […]sono nato due volte, la prima a Vienna, nel 1942, e la seconda a Sarajevo, mezzo secolo dopo.
A ben guardare, infatti, il narratore usa con grande maestria un’ ambiguità discorsiva che stimola l’attesa del lettore, il quale sa che negli ultimi mesi è avvenuto un cambiamento radicale nella vita del protagonista e attende di sapere quale è stato e quale sarà il suo destino. Il prologo quindi è ambiguo perché in realtà preannuncia la vicenda senza svelarne nulla di essenziale, di definitivo ma immette contemporaneamente il lettore nella scia della vicenda, lo trascina nel vortice della curiosità.