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La gelosia

Creato il 17 giugno 2014 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

La gelosia

 

Anno: 2013

Distribuzione: Movies Inspired

Durata: 77′

Genere: Drammatico

Nazionalità: Francia

Regia: Philippe Garrel 

Data di uscita: 19 Giugno 2014

 

Garrel e la sua umanità di ‘eletti’ nella farsa emotiva e stilistica dei sentimenti

Philippe Garrel realizza con La gelosia una mistificazione estetica ed etica. L’autobiografismo che connota le sue pellicole, in questa storia si lega alla voglia di affidare al figlio Louis l’incarnazione del padre del regista a trent’anni, riservando a se stesso il ruolo biografico naturale ma invertito nella sessualità: quello della figlia piccola Charlotte (anche nell’empatica simpatia verso l’amante del padre, pur venendo sostanzialmente cresciuta soltanto dalla madre). Nell’interpretare suo nonno, nella relazione che ebbe con un’altra donna,  Louis (e noi con lui) vive la propria esperienza d’amore nelle false certezze, contraddizioni, abbandono e naturale ‘rielaborazione’ di perdita. Attraversando questo ciclo universale (imperniato attorno al sentimento lato di gelosia, vissuto-rielaborato da Louis e da altri personaggi di questo racconto), Philippe Garrel inganna i suoi spettatori dentro una messa in scena elitaria innanzitutto nei corpi, e quasi contemporaneamente, negli atteggiamenti. Tutto è portato ad un livello esasperatamente superiore e artificiale: dall’ineffabile fisicità di Anna Mouglalis, eletta a prototipo di grazia e di amore (e ci mancherebbe, data la sua estetica fisica), a un vivere artistico che non viene per niente colto, neppure nel sacrificio economico che il campare di teatro a tutti i costi comporta. Nulla ha reale spessore, neppure simbolico. La nouvelle vague, reincarnata pure fotograficamente in un bianco e nero rassicurante, è solo apparentemente presente, rivelandosi un bastione completamente inattuale, anche solo formalmente.

Quanto all’aspetto ‘etico’ della riflessione garreliana è anch’esso da ‘selezione naturale’: compreso l’opportunismo di una scelta borghese di abbandono, celata da un (tutto da dimostrare) soffocamento interiore. Ridicoli e offensivi al tempo stesso, i proclami di libertà nella dissociazione tra amore e attrazione. La mistica della fedeltà tramite reciproca confessione delle rispettive infedeltà, che Anna Mouglalis infila concettualmente in una discussione con Louis in modo così sufficiente e supponente, irrita e infastidisce. L’unica nota che vale la pena di essere evidenziata (ed è su questo che avrebbe dovuto spingere Garrel per fornire un quadro rappresentativo capace di combinare realtà e ‘filosofia esistenziale’) è l’effettiva capacità di raccontare le persone nelle loro fisiologie e caratteristiche emotive, facendole semplicemente espandere nella pura quotidianità: emblematica la scena della sosta su una panchina a mangiare le noccioline. Louis, la sua amica sorella e la piccola Charlotte riescono ad essere finalmente autentici, abbandonando quel livello di autoreferenzialità che in tutto il film comprime i personaggi in un’artificiosità da ‘eletti’, sterile. L’unica che mantiene intatta questa ‘grazia naturalistica’, la piccola Charlotte, che riflette la varietà di una personalità infantile anche e specie nelle cattiverie emotive che riserva alla sua madre naturale, sola a prendersi realmente cura di lei. Una credibile ‘piccola canaglia’ (data la personificazione con il regista, la sovrapposizione di definizione tra i due è un dato di fatto).

Maria Cera


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