"Adesso tutti cercano di darci etichette, ma noi siamo lontani dai partiti, anche dalla sinistra, chiediamo soltanto di poterci costruire vite dignitose, di avere accesso al lavoro, e la risposta del Governo è stata quella di riempirci di botte, mentre tremavo dal freddo, scalza, nel seminterrato buio dove ci avevano rinchiusi, ho pensato che quel luogo assomigliava alla cella del ministero dell'Amore come nel romanzo 1984 di George Orwell..."Sono le parole di Alice, venitreennne studentessa universitaria fuori sede di Scienze Politiche a Roma. Era stata fermata dalla polizia e trattenuta insieme ad altri 22 manifestanti: quelli del 14 dicembre, il giorno in cui mentre in Parlamento si consumava un altro squallido atto di questa tremenda legislatura, nelle strade romane si stava svolgendo un'imponente manifestazione studentesca (ma non solo) di protesta.
Continua Alice, nell'intervista pubblicata oggi dal quotidiano La Repubblica:
"Rivedo quele scene in continuazione, ero ben stretta nei cordoni di testa del corteo, non ho tirato pietre, nulla, semplicemente avanzavo mentre la polizia caricava, e così mi hanno presa, trascinata via, picchiata con il manganello sulla testa e sulle spalle, buttata in un cellulare con le manette ai polsi"
Si son spese molte parole in questi ultimi giorni, su giornali e tv, per commentare quanto accaduto, spesso proponendo facili generalizzazioni, per liquidare la faccenda come un orribile episodio di violenza, senza così doversi fare troppe domande e darsi risposte scomode. Penso che la testimonianza di Alice sia invece molto semplice e chiara: dei ragazzi manifestano perché si sentono rubare non solo il futuro ma anche il presente. Il presente perché l'università sarà presto colpita dalla riforma Gelmini, il futuro perché nel mondo del lavoro incontreranno precarietà e flessibilità, senza ammortizzatori sociali sufficienti. Qual'è la risposta dello Stato? Nessun ascolto, ma solo botte da orbi!

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E poi si finisce in questo buco nero, in cui lo Stato mostra la sua anima più scura, dove la legalità viene sospesa e si rimane vittime dell'arbitrio. Ma perché succedono ancora queste cose? Perché alcuni devono cadere ancora in situazioni che evocano le tragedie successe a Genova durante il G8 del 2001?

Alice conclude così la sua intervista:
"Mia madre si è spaventata, è naturale, però sa che la nostra protesta è giusta. Ma lo sanno in Parlamento che fatica è poter studiare, mai un cinema, un ristorante, al supermercato cerchiamo i cibi meno costosi, comprare libri è un'impresa. Vogliono schiacciarci? Noi reagiremo, è tutto il movimento che si ribella. E io avevo un nonno partigiano, come potrei smettere di manifestare?"

Queste belle tavole di Milazzo scritte da Berardi sono tratte dall'albo "Sciopero", il numero 58 della prima serie di Ken Parker. Mutatis mutandis, c'è un filo rosso che lega la scena in cui si trova coinvolto Ken e quanto è successo realmente tante altre volte nelle piazze italiane e di mezzo mondo, compresa quella romana del 14 dicembre scorso: si tratta di un filo tessuto con le parole dignità e diritti.






