la gentilezza è carismatica,
allieta chi la riceve e chi la dà,
stordisce il male e la sua banalità.
Così cantavano i Marlene Kuntz qualche tempo fa.
Quanta verità in così poche parole!
Ad Istanbul ho trovato tanta di quella gentilezza e disponibilità da commuovermi.
Bè, potrà rimproverarmi qualcuno, in una città di 13 milioni di abitanti saranno mica tutti gentili, ti è andata bene!
Vero, sicuramente la fortuna è stata dalla nostra.
Ma devo dire che ho rintracciato una tale attenzione nei confronti del turista che non mi era mai capitata altrove.
![La gentilezza è carismatica aya sofia2 (1)](http://m2.paperblog.com/i/162/1627381/la-gentilezza-e-carismatica-L-kkZloE.jpeg)
Al nostro arrivo in città il bus preso in aereoporto ci scarica a Taksim nel giro di mezz’ora. Paghiamo e tanti saluti e arrivederci.
Provate a immaginare Taksim verso le sette di sera: una piazza enorme, il centro della città moderna. Piena di gente, giorno e notte. Qui sfocia la grande via dello shopping, Istiklal Caddesi. È il punto di ritrovo dei giovani che si apprestano a cominciare la serata, il luogo in cui si concentrano venditori di kebab, pasticcerie e fast food, la stazione degli autobus, il capolinea del caratteristico tram bianco e rosso.
Insomma, c’è tutto.
Anche i lavori in corso.
Sappiamo che il nostro albergo è da queste parti, nel quartiere di Harbiye. Indirizzo e cartina in mano cominciamo a camminare. Un negoziante, a suon di poco inglese e tanti gesti, ci dà una prima indicazione (sacrosanta).
Cominciamo a scarpinare con i nostri bagagli pesanti, c’è un caldo incredibile nonostante sia il 25 dicembre e i nostri vestiti sono troppo pesanti. Ben presto ci accorgiamo di camminare a vuoto, la cartina, poco dettagliata, e i lavori che ci costringono a cambiare continuamente strada, non ci sono per niente d’aiuto.
Chiediamo lumi ad un signore che sta fumando una sigaretta sull’uscio di un mini market. Lui non riesce a suggerirci nulla, ma chiama il figlio che lascia immediatamente la cassa e la lunga coda di gente per venirci in aiuto. Nel giro di pochi minuti si fermano altri passanti e si forma un piccolo gruppo di lavoro desideroso di partecipare alla discussione. Una signora si ferma, guarda la cartina, e comincia a gesticolare Io so dove dovete andare, seguitemi! sembrano dirci le sue mani.
Una lunga passeggiata, con la donna che di tanto in tanto guarda e sorride, e siamo a destinazione. Lei ci saluta, la vediamo tornare indietro. Forse doveva andare altrove – pensiamo – e ha fatto tutta questa strada solo per noi. Sono le nostre prime ore a Istanbul e tanta disponibilità ci emoziona.
Qualche giorno dopo ci troviamo a passeggiare nel quartiere di Fatih, un piccolo paradiso non turistico, e ad entrare in un negozietto di casalinghi. Due uomini dalla faccia triste sorseggiano un bicchiere di Çay e balzano in aria non appena ci vedono entrare. Si accorgono che siamo turisti, ci chiedono da dove arriviamo e cominciano a raccontarci con occhi lucidi le loro avventure in giro per l’Europa. Loro parlano in turco, noi rispondiamo in italiano. È veramente incredibile riuscire a capirsi, nonostante tutto.
Le emozioni non necessitano traduzioni.
L’ultimo giorno in città ci perdiamo cercando diperatamente i quartieri di Fener e Balat. È buio pesto e pioviggina. È ora di tornare verso casa (=albergo, ma odio chiamarlo così). Siamo alla disperata ricerca di un mezzo qualsiasi che ci porti dove c’è vita e ci scappa anche tanta pipì! Scorgiamo finalmente una via abitata. E un autobus al capolinea che sta per partire. Ci fiondiamo come pazzi, peccato che, saliti giusto in tempo, la nostra Istanbul Kart decide che non abbiamo più viaggi a disposizione. Il conducente dice qualcosa. Un ragazzo traduce in inglese: non potete viaggiare senza biglietto, qualche metro più avanti trovate un negozio per ricaricare, andate, vi aspettiamo.
Peccato che il negoziante abbia altro da fare in quel momento e ci fa aspettare almeno dieci minuti prima di servirci. Sconsolati torniamo alla piazzola.
Incredibilmente l’autobus è ancora lì, carico di gente a bordo. Ci ha aspettati sul serio. Saliamo e l’autista fa un cenno col capo, sorride.
Gli abbiamo fatto perdere almeno un quarto d’ora e lui… sorride.
![La gentilezza è carismatica aya sofia2 (2)](http://m2.paperblog.com/i/162/1627381/la-gentilezza-e-carismatica-L-KZmoCm.jpeg)
A tutti quelli che continuano a domandarmi se Istanbul è pericolosa. Ecco la mia risposta.