“La geopolitica è come “il letto di un fiume” nel quale scorre la viva corrente degli accadimenti storici.
Esso segna i limiti, il tracciato, le linee entro cui si incanalano le acque. Questi limiti non sono determinanti in assoluto; le acque a loro volta ne possono debordare e, comunque, con il passare del tempo, si scavano nuovi percorsi, altri ne abbandonano. Talvolta le acque si abbassano, ristagnano. Si creano paludi, acquitrini o il fiume si secca completamente nell’arsura di una siccità; proprio come accade a certi popoli che per anni o per secoli sembrano sparire (talvolta è per sempre) dalla faccia della Terra, rifluiti ai margini, nelle secche della grande politica mondiale. Altre volte invece la piena inattesa, improvvisa dilaga, si avventa oltre gli argini prestabiliti, inonda e travolge, fiume impetuoso e inarrestabile che sbaraglia ogni ostacolo sul suo cammino. E l’immagine che più si adatta alle grandi invasioni “barbariche”, alle orde dei Gengis Khan e dei Tamerlano, degli Unni e dei Turchi, fino alle più apparentemente organizzate (questione di punti di vista) ma non meno folgoranti e travolgenti parabole dei grandi condottieri politici e militari da Alessandro Magno a Napoleone, da Cesare a Hitler.
Ancora, in certi punti, il fiume prosegue lento e maestoso tra ampie rive quasi soddisfatto del proprio acquisito imperium fino a confondersi nell’oblio dell’oceano; ma è quello stesso fiume che dalle sue fonti scese in mille torrenti di acqua limpida e giovane, facendosi largo tra strettoie e lanciandosi da alti dirupi in fantasmagoriche cascate piene di energia. Senza il letto del fiume le acque si disperderebbero prive di direzione, depotenziate dal mancato incanalamento, in mefitici pantani; senza le acque il letto del fiume sarebbe solo un solco riarso in una terra secca e sterile.
Per uscir di metafora, è la VOLONTÀ degli uomini, dei capi seguiti dai loro popoli, in ogni campo del pensiero e dell’azione, quella che crea e distrugge le grandi civiltà, che edifica e abbatte gli imperi, in una parola “che fa la storia”.
La geopolitica indica il letto del fiume della storia, studia le direttrici geografiche, le linee di forza per le quali la volontà creatrice deve incanalarsi proficuamente, gli spazi vitali alla sopravvivenza e alla crescita, i punti morti e i pericoli mortali per la stessa.
Essa inoltre analizza l’elemento vivo e vitale, gli uomini, i popoli, le culture, le civiltà, le etnie nella loro specificità e nelle rispettive correlazioni: il “blut” e il “boden“!
Per tutto questo “la Reapolitik (è) pronta a sacrificare il particolare al generale, il contingente all’essenziale, il momentaneo al duraturo; libera tanto dai ceppi del piccolo moralismo borghese, laico o religioso che sia, quanto dai miopi utilitarismi materialistici contingenti che si celano dietro il logoro cencio sventolato dalla borghesia cosmopolita, egalitaria, vilmente pacifista e avidamente cinica”.
Senza la geopolitica dunque la volontà politica risulterebbe dispersiva e fuorviante; senza la volontà politica la geopolitica non sarebbe che sterile erudizione nozionistica, futile e vana. Per questo potremmo allora affermare, parafrasando il motto di Guglielmo d’Orange “Dove c’è una Volontà c’è una Via”, che “Dove c’è una Via deve agire una Volontà”.”
Da Nel fiume della storia, di Carlo Terracciano, Edizioni all’insegna del Veltro, pp. 30-32 (per gentile concessione dell’editore).