Il mercato del minerale birmano vale 31 miliardi $ l’anno ma è in mano alla Cina e agli ex generali
La Birmania è terra di giada: dura e trasparente, la pietra verde è una delle migliori al mondo. Secondo Global Witness, un’organizzazione investigativa che si occupa di risorse naturali, il suo valore sarebbe pari a 31 miliardi $ nel 2014, il 48% del Prodotto Interno Lordo del Paese, e a 122,8 miliardi $ fra il 2005 e il 2014. Una ricchezza enorme concentrata nel Nord e Nord Est, in aree abitate da minoranze etniche, soprattutto dai Kachin. La Cina ne è il principale importatore ma nelle statistiche ufficiali cinesi il valore del minerale venduto nel 2014 sarebbe stato solo di 12 miliardi $. Secondo Global Witness fra il 50 e l’80% della giada, soprattutto quella “imperiale”, la più cara, viene contrabbandata direttamente nella Repubblica Popolare saltando i controlli.
Pochissimo del ricavato finisce ai birmani o nelle casseforti dell’erario: la maggior parte rimpinza i conti di chi ha governato il Paese per cinquant’anni. Tra loro Than Shwe, il generalissimo che ha tenuto banco dal colpo di Stato dei primi anni ’90 al 2011, e gli ex generali ed ex ministri Maung Maung Thein e Ohn Myint. «Costoro detengono varie concessioni che hanno generato vendite lorde per un valore di 220 milioni $ al mercato ufficiale del 2014 e 67 milioni $ a quello del 2013 – illustra l’analista Juman Kubba – Un’altra compagnia che si ritiene faccia capo a Than Shwe ha dichiarato vendite per un valore di 150 milioni $ nelle due fiere tenutesi nel 2013 e 2014».
Aziende ben collegate alle autorità, compagnie cinesi e organizzazioni ribelli collaborano per estrarre, trasportare e vendere la pietra preziosa. Alcuni di questi gruppi sono in guerra l’uno con l’altro ma finiscono per accordarsi quando si tratta di far soldi. Come il Kachin Independence Army, braccio armato dell’omonima etnia locale, che tassa le aziende che operano nella zona e avrebbe raccolto oltre 20 milioni $ nel 2012. Poco rimane invece ai civili locali, che vivono in una delle zone più povere della Birmania, devono sopravvivere all’impatto ambientale delle cave e ricevono meno di quanto non ottenessero due decenni fa quando erano loro a scavare e vendere la giada. Ora sono in competizione con aziende che spesso nemmeno li impiegano come manodopera.
I 31 miliardi $ provenienti dal commercio della giada nel 2014 sono pari a 48 volte la spesa nazionale nella sanità: se solo una piccola parte dei profitti venisse reinvestita a livello locale le cose potrebbero andare molto meglio. «Un solo chilo della giada della qualità migliore basterebbe a finanziare 147 cliniche nello Stato dei Kachin: farebbe una differenza enorme in termini di sviluppo».
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