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La notizia anticipata dal quotidiano spagnolo “El Paìs” in pochi giorni ha fatto il giro del mondo – com’era prevedibile – è la recente scoperta di un dipinto subito rinominato “la Gioconda gemella” ritrovato nei magazzini del museo spagnolo e restaurato, un’opera considerata frutto di un allievo di Leonardo ma ancora d’incerta paternità – si parla di Francesco Melzi o Andrea Salai – ma evidentemente un’opera quasi certamente dipinta a Firenze contemporaneamente al capolavoro del genio fiorentino custodito al Louvre di Parigi.
Si tratta di un’opera in realtà nota da tempo ma che i recenti restauri hanno proclamata – per come appare dopo il certosino intervento di mani esperte – una vera “gemella” pur con le sue varianti, della Monna Lisa leonardiana.
Bisogna per dovere di cronaca riportare che non tutti gli studiosi e la critica sono unanimi nel sostenere la stessa provenienza e paternità dell’opera, in ogni caso si tratta di un capolavoro, che allo sguardo apre la mente e rasserena lo spirito…
nanni
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COMMENTI (1)
Inviato il 26 marzo a 15:40
LE 2 GIOCONDE SONO AFFACCIATE SUL LARIO Vorrei qui smentire la versione data dal Dott. Gabriele Finardi del Museo del Prado sulla copia della Gioconda che sarà esposta al Louvre da oggi nella mostra sul restauro della Sant’Anna. In particolare vorrei smentire che l’opera è stata realizzata parallelamente all’originale nello studio fiorentino di Leonardo e che possa essere stata realizzata con certezza da Francesco Melzi con un paesaggio tipicamente toscano. L’osservazione del paesaggio emerso dal restauro ha reso possibile, grazie alla messa in luce di caratteristiche simili a quelle dell’originale leonardesco, ma in modo ancor più preciso e amplificato rispetto allo stesso originale, ci porta ad individuare, nello sdoppiamento della linea d’acqua sul lato sinistro, in perfetta linea col lato destro, quella prova, fino ad oggi sconosciuta, che ci può far affermare con una certa sicurezza che la Gioconda si affaccia su un paesaggio non certamente toscano ma lombardo e precisamente si tratterebbe del Lago di Como e dei suoi due rami. In primo piano è infatti possibile riconoscere il ramo lecchese con la caratterista vetta seghettata del Resegone e in secondo piano, sulla sinistra, la presenza di un bacino d’acqua che nell’originale non è più visibile probabilmente a causa dell’alterazione dei pigmenti e di gran parte della superficie pittorica del dipinto; la posizione dello stesso collocata orizzontalmente rispetto alla diagonalità di quello in primo piano portano ad accostarlo col ramo comasco del Lario. Una pulizia dell’originale del Louvre porterebbe certamente ad una conferma di questa constatazione ma i forti rischi di un simile intervento hanno sempre impedito di vedere in modo più chiaro i colori reali e il paesaggio retrostante la Gioconda. E’ pertanto giusto ora considerare cosa tale ipotesi possa apportare di nuovo alla lettura critica e storica della Gioconda ed alla attribuzione di identità della stessa. Potrebbe rappresentare questa tesi una conferma all’ipotesi già avanzata dal sottoscritto nel 2005 sull’identificazione della Gioconda con una donna della corte sforzesca: Bianca o Caterina? E che la sua ambientazione logica e naturale sia il territorio del Ducato milanese di cui il lago di Como faceva parte. Per quanto riguarda la paternità della Gioconda del Prado, a mio avviso la questione è ancora aperta. Si può rintracciare il suo autore nella scuola Milanese proprio fra Melzi, Salaì e Luini; e, secondo quanto affermava già nel 1700 Padre Luigi Lanzi, in particolare nella mano del Luini, considerato da Lanzi allievo diretto del Vinci e suo più celebre imitatore; il Luini (1481-1532) avrebbe potuto eseguirlo prima di Melzi (1491-1568) e Salaino (1480-1524), quando Leonardo era appena tornato, nel 1506, a Milano da Firenze . Infatti si ha notizia dell’attività del Luini già dal 1507 e considerando che Leonardo rimase a Milano fino alla fine del 1515 (secondo la recente lettera trovata dal Pedretti), vi sono molte probabilità che l’incontro fra i due sia realmente avvenuto prima della partenza di Leonardo per la Francia e che questa copia della Gioconda sia proprio una delle prime effettuate dal giovane allievo. Sono molti i particolari che lo possono rivelare: i drappeggi, le loro trasparenze, le espressioni, i riccioli dei capelli, le sopracciglia, la posa delle mani, gli incarnati, ecc…. I drappeggi confrontati con alcune Madonne del Luini presentano le stesse caratteristiche e la medesima morbidezza nel rapporto fra pieni e vuoti, fra chiari e scuri; così come la ricerca della trasparenza nella sovrapposizione dei veli della spalla la possiamo ritrovare nella Salomè di Boston o nella Holy Family del Museo del Prado. Particolarmente interessante è il confronto fisionomico con la Santa Caterina del Museo di Budapest dove è presente un lieve strabismo della Santa che richiama quello della copia del Prado. Naturalmente le opere del Luini citate per questo confronto sono più tarde, più mature; in esse si può apprezzare l’insegnamento del maestro che si rivela attraverso la morbidezza che è propria di Leonardo e che Luini apprese come nessun altro fra gli allievi. Il fatto che nella Gioconda del Prado siano presenti tali caratteristiche plastiche, anche se appena accennate, è la dimostrazione che la copia venne effettuata poco tempo dopo la frequentazione, da parte di Bernardino, dello studio milanese di Leonardo. Prof. Ernesto Solari