La famiglia Platania è un nucleo famigliare che ruota attorno alla figura del patriarca Leopoldo, rimasto vedovo e che vive con suo figlio Enrico, sua nuora Elena, i due nipotini e una domestica che asseconda le bizzarrie e le volontà di tutta la famiglia, una bella e ingenua ragazza siciliana di nome Jana.
Il gruppo vive una vita rispettabile, con Leopoldo che fa la vita del pensionato, dedicandosi principalmente a se stesso, mentre suo figlio Enrico dedica gran parte del suo tempo alle donne; Elena, una donna scioccherella con pretese di essere una intellettuale, accetta la corte di uno scrittore, peraltro molto discreta, ma in maniera platonica.
Il collante della famiglia è la religiosità, che viene ostentata in primis da Leopoldo; una religiosità di facciata, che prende dal cattolicesimo solo alcuni dettami, trascurando quelli che sono viceversa i fondamenti della religione stessa, la carità, l’altruismo ecc.
Martine Brochard e Agostina Belli
Tutto verrà messo indiscussione, incluso le vite dei singoli famigliari il giorno in cui arriva dalla Francia l’affascinante Catherine, con il compito di fare da governante e istitutrice; la donna ben presto entra in conflitto con Leopoldo proprio i materia di religione.
In una lunga discussione con lo stesso, Catherine rimprovera all’uomo proprio la religiosità esteriore, ostentata ma non praticata.
La donna dal canto suo ha un segreto che non rivela alla famiglia che la ospita; è scappata dalla Francia dopo il suicidio della sua amante.
Paola Quattrini e Pino Caruso
La sessualità di Catherine, repressa per ovvi motivi, non ultimo il particolare concetto di peccato che Leopoldo ha verso tutto ciò che esula dalla “normalità” della sua fede esplode però a contatto con Jana.
La ragazza, bella e ingenua, turba Catherine, che scopre di essere attratta morbosamente da essa.
Così la donna mette in moto un meccanismo che avrà tragiche conseguenze; accusa Jana di avere tendenze lesbiche, provocando così l’allontanamento della stessa dalla famiglia.
Jana in lacrime e assolutamente innocente lascia la casa.
Martine Brochard
Ma il destino ha in serbo per lei una sorte peggiore; durante il viaggio di ritorno verso casa Jana rimarrà vittima di un incidente ferroviario nel corso del quale perderà la vita.
Nella famiglia Platania tutto sembra tornare alla normalità.
Arriva una nuova cameriera, Francesca.
Martine Brochard e Christa Linder
Leopoldo però scopre Catherine in atteggiamenti saffici con Francesca e si rende conto della realtà.
Durante un drammatico colloquio con la stessa Catherine, scopre il perchè della messa in scena e delle bugie dette dalla stessa ai danni di Jara.
Per evitare di “contaminarla” e di rovinare la sua purezza e ingenuità, Catherine ha fatto in modo di allontanarla da se, anche per non perdere il lavoro ma sopratutto per non peredere la stima di Leopoldo, che la tratta a volte da figlia a volte come una donna dalla quale è attratto.
Subito dopo la confessione Catherine scappa in camera sua e dopo aver appeso un lenzuolo ad un lampadario, si impicca.
Ma è destino che questa volta le cose vadano per il verso giusto.
Vittorio Caprioli e Paola Quattrini
Allarmato da una frase che Catherine ha pronunciato, l’uomo corre in camera della donna e riesce a salvarla appena in tempo.
Dopo averla rianimata, la prende tra le braccia e cullandola la chiama figlia mia.
Diretto da Giovanni Grimaldi, poliedrico regista attivo sopratutto negli anni 50 e 60, La governante, uscito nelle sale nel 1974 è un film di buona fattura, al contrario di quanto sostenuto dal solito ineffabile Morandini che boccia il film come becero e triviale ed è tratto da un’omonima piece di Vitaliano Brancati.
Al contrario, la pellicola non presenta assolutamente nè linguaggio da caserma nè situazioni erotiche tali da far gridare allo scandalo.
Il film si distingue per una sua specifica eleganza e sobrietà e per la capacità di affrontare un tema così complesso come il rapporto tra la religione e la morale, attraverso il conflitto tra Leopoldo, uomo tradizionalista ed ancorato ad una visione della religione molto arcaica e la giovane Catherine, afflitta dai complessi di colpa e sicuramente disposta ben diversamente nei confronti della religione.
Se è vero che messo così il discorso sembrerebbe portare ad una visione di un film profondo e problematico, và detto che il tutto è affrontato in superficie, senza alcuna intenzione, da parte dello sceneggiatore, di impelagarsi in un’opera strutturalmente troppo complessa e che non poteva essere affrontata usando l’ironia e la leggerezza, cosa che invece nel film è predominante.
Tutto viene affrontato e discusso quasi si fosse di fronte ad una giornata normale nella vita della classica famiglia media italiana, nello specifico siciliana, quindi vista con i difetti che generalmente venivano attribuiti alla stessa.
Quindi tendenza al conservatorismo, ipocrisia e sopratutto i soliti stereotipi del figlio macho e ruspante che tenta di sedurre tutto ciò che è di sesso femminile, incluse le cameriere e la governante, con tanto di agginta dell’immancabile amante.
Tuttavia il regista fa la sua parte, imbastendo una storia con una sua credibilità, anche se manca quasi completamente uno spessore dei eprsonaggi che giustifichi la parte drammatica che si materializza dopo la prima metà del film stesso.
Il discorso dei sensi di colpa di Catherine è appena abbozzato, così come sono privi di qualsiasi spessore i personaggi di Elena, la scioccherella figlia di Leopoldo e della stessa Catherine, che sembra oscillare tra la sua incerta sessualità e la mortificazione che le arriva da un senso di estraneamento da quella famiglia che invece segue regole molto rigide, anche se viste con una morale molto elastica.
La recitazione dei vari attori è però molto convincente, a partire da Turi Ferro, perfettamente a suo agio nel ruolo di Leopoldo per proseguire con una affascinante Agostina Belli, la giovane e ingenua cameriera che finirà per essere l’unica a pagare per giunta per una colpa nemmeno immaginata e tanto meno accaduta.
Bene Martine Brochard, anche se leggermente rigida e monocorde nel tratteggiare la figura ambigua di Catherine mentre appaiono decisamente di contorno i ruoli di Pino Caruso, peraltro impeccabile nell’interpretazione del galletto Enrico, di Paola Quattrini, splendida e brava nel ruolo della svampita Elena.
Chiude il cast Christa Linder, che ha una piccola parte, quella della nuova cameriera che sostituisce Jara.
Per concludere, lasciate da parte i balzani consigli di Morandini e C. e guardatevi questo film che vale sicuramente il tempo speso davanti al televisore.
La governante, un film di Gianni Grimaldi. Con Vittorio Caprioli, Paola Quattrini, Agostina Belli, Martine Brochard, Turi Ferro, Umberto Spadaro, Lorenzo Piani, Christa Linder, Pino Caruso
Commedia, durata 109 min. – Italia 1974.
Turi Ferro – Leopoldo Platania
Agostina Belli – Jana
Martine Brochard – Catherine
Paola Quattrini – Elena
Vittorio Caprioli – Alessandro Bonivaglia
Pino Caruso – Enrico Platania
Christa Linder – Francesca
Regia: Gianni Grimaldi
Sceneggiatura: Gianni Grimaldi
Soggetto: Vitaliano Brancati
Musiche: Piero Umiliani
Editing: Daniele Alabiso
Fotografia : Gastone Di Giovanni
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Interessante trasposizione cinematografica di un celebre dramma di Brancati, il quale ebbe problemi di censura. L’opera risente della struttura teatrale, ma Gianni Grimaldi (che stavolta vola in temi alti) tiene bene il bàndolo e conduce in porto una pellicola interessante, con interpreti bravi. Il finale del testo originale viene, ahimé, profondamente cambiato. Da rivedere.
Piuttosto fedele al testo di origine (ispirato da una pièces teatrale di Vitaliano Brancati) ha la particolarità d’esser più vicino (per effetto contrario) al film di Samperi di quanto non ci si aspetti. Più della presenza di Turi Ferro, quello che ne fa un Malizia-speculare è la diversità sessuale della protagonista: una governante lesbica (giovane e di nazionalià francese) destinata (poiché spregiudicata e decisa) a scatenare pulsioni “carnali” di vario tipo in ogni abitante della casa presso la quale viene ingaggiata. Il dramma si sovrappone, gradualmente, al sotteso (ma presente) erotismo…
Riuscita notevole di Grimaldi, anche di una certa aderenza al grande Brancati, salvo nel finale e pur concedendo qualcosa alla commediola. Merito anche di un cast quasi perfetto (il quasi riguarda la Belli, tanto carina ma inadatta alla parte), con menzione d’onore per il superbo Caprioli nei panni dello scrittore di successo (Brancati vi parodiò Moravia, che se ne ebbe un po’ a male). Da vedere: si astenga però chi, fuorviato dal titolo e da Turi Ferro, si aspetti un sotto-Malizia.
Adattando l’opera di Brancati, Grimaldi dosa attentamente commedia alla siciliana e dramma, mantenendo spesso – specie durante le discussioni tra i personaggi – una struttura tipicamente teatrale. Le scene considerate più scabrose (lesbismo e masturbazione) sono più accennate che mostrate. Molto validi gli interpreti: primeggiano Ferro, Caprioli e la Brochard, ma anche le loro spalle sono azzeccate.
Il film l’ho visto tardivamente e debbo dire che ero piuttosto prevenuto, poiché il genere sexy-familiare in genere ha risultati piuttosto soporiferi; invece il film ha del ritmo e si segue con un certo entusiasmo: merito dell’ottimo cast e delle bellezze imprescindibili delle “donzelle”, tra le quali spicca (a mio avviso) una poco sfruttata dal cinema quale è Paola Quattrini. Un film di vecchio stampo e terribilmente “settantiano” nelle ambientazioni, ma azzeccato.
Film interessante dalla trama non banale, che parte e si sviluppa come classica commedia con stereotipi vari, ben sceneggiati e benissimo recitati (il siciliano tradizionalista e patriarca, il figlo inetto, la nuora milanese “moderna” e insoddisfatta, la governante francese, l’ossessione per le corna) per poi prendere una piega morbosa e concludersi in modo drammatico e inaspettato. Esilarante Vittorio Caprioli che scimmiotta Moravia, ottimi tutti gli interpreti, a cominciare dall’insondabile Martine Brochard.