Molto noto e apprezzato come illustratore e autore di narrativa grafica, Antonio Rubino (1880-1964) è decisamente sottovalutato come scrittore. Eppure -questo libro ne è la dimostrazione- le Fiabe del tempo futuro che tra il 1932 e 1934 pubblicò nel "Corriere dei piccoli" sono davvero straordinarie per inventiva linguistica e narrativa.
Esse appaiono un'applicazione ante litteram di quella "grammatica della fantasia" che Gianni Rodari avrebbe teorizzato molti anni dopo, e viene da chiedersi se questa impressione non derivi da un'effettiva influenza di Rubino su Rodari. Rubino non ha nessuno dei difetti della gran parte degli scrittori italiani per l'infanzia a lui contemporanei, non è quasi mai "retorico" nel senso deteriore del termine. Lo è, al contrario, in senso buono (e tecnico), e la sua è una retorica scintillante, dove l'umorismo è tutt'uno con l'intelligenza e con l'impegno etico.
Non è neppure provinciale, e anzi la sua produzione letteraria ha un respiro internazionale. I padri della fantascienza, si sa, sono Jules Verne e Herbert Georges Wells, ma la fantascienza moderna è soprattutto dal secondo che procede, e dalla sua opera ha ricavato la maggior parte dei suoi temi. Ora, mentre la fantascienza italiana della prima metà del Novecento si muove, con poche eccezioni, nella tradizione verniana, è piuttosto a Wells che, come gli autori americani della stessa epoca, Rubino fa riferimento. È questo uno dei motivi per cui le Fiabe del tempo futuro ci appaiono un'opera ancora moderna e attuale, che anticipa nei contenuti filosofici e sociologici, mai banalmente tecnico-scientifici, e nell'ironia che la contraddistingue, gli esiti migliori della fantascienza anglosassone degli anni Cinquanta e Sessanta.
Le Fiabe del tempo futuro costituiscono inoltre una documentazione rilevante sulle relazioni tra Rubino e il Futurismo, non soltanto per quanto riguarda le loro illustrazioni, che più che mai ripropongono la questione, spesso posta dalla critica, del parallelismo tra l'opera rubiniana e quella di Fortunato Depero, ma anche per i loro testi, in cui il "mito della velocità" e i possibili sviluppi dell'arte del futuro sono esplicitamente tematizzati. Ma con il Futurismo la fantascienza di Rubino è in realtà in polemica, per quanto amichevole: Rubino guarda al futuro con occhio disincantato, segnala lucidamente i pericoli della tecnologia e dell'industrializzazione, diagnostica l'alienazione della società neocapitalista, così come l'America permetteva di prevederla, e la sua satira non risparmia affondi ai tic e agli slogan del movimento di Marinetti.
Nel 1938 Rubino avrebbe voluto riunire questi suoi racconti in un volume intitolato Le cronache del futuro, di cui la prima parte di questo libro offre una ricostruzione. Dopo il rifiuto dell'editore al quale aveva proposto la raccolta, non abbandonò il progetto e scrisse altri racconti per il libro. Ritrovati nell'archivio di famiglia (ARA Archivio Rubino Antonio) curato dalla nipote Antonietta Rubino questi testi sono presentati nella seconda parte del volume, che nel suo insieme è la raccolta integrale, completata in appendice da un commento storico-filologico, della narrativa fantascientifica dell'artista.
Di Redazione. 4 dicembre 2012 | Archiviato in Echi quotidiani