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La grande differenza tra la BCE e la FED

Creato il 27 ottobre 2014 da Libera E Forte @liberaeforte

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di Giovanni Palladino

C’è chi spera che la Banca Centrale Europea possa seguire la stessa politica monetaria espansiva adottata dalla Federal Reserve Usa negli ultimi 6 anni. Ma per fortuna è una speranza infondata: la BCE non cadrà in questa trappola, mentre la FED passerà alla storia come la peggiore Banca Centrale del mondo, che contribuirà al collasso del dollaro e dell’economia americana. È bene ricordare le date e gli importi di questa follia monetaria.

Per fronteggiare il panico scatenatosi a Wall Street nell’autunno 2008 con lo scoppio della “bolla” immobiliare e finanziaria (favorita dalla stessa Fed sotto la presidenza di Alan Greenspan e dalla pessima presidenza di Bush, due personaggi che non fecero nulla per contrastare il “cancro” del capitalismo finanziario e speculativo, da me definito “stile Las Vegas”), il 26 novembre 2008 Ben Bernanke decise di avviare la politica monetaria espansiva di “quantitative easing”, poi definita con la sigla di QE1. In poco più di un anno la FED ha così acquistato dalle principali banche d’investimento (Goldman Sachs, J.P. Morgan e Merrill Lynch) più di $1.000 miliardi di titoli “tossici”, ossia di obbligazioni bancarie garantite da prestiti immobiliari “sub prime”, cioè erogati a famiglie di incerta solvibilità finanziaria.

Il crollo (prevedibilissimo) di questi titoli, nel frattempo finiti nel portafoglio delle stesse banche emittenti, fece temere il fallimento del sistema bancario Usa. L’intervento della FED ci mise una “pezza”. Ma questo salvataggio, si noti bene, non è stato fatto con soldi posseduti dalla Banca Centrale, bensì con soldi creati dal nulla, ossia con l’iscrizione nel bilancio della Fed di una passività “stampata”, finita come credito erogato in gran parte alle suddette banche d’investimento per liberarle dal pesante mal di stomaco dei titoli “tossici”. Così il mal di pancia se l’è preso la FED con l’iscrizione nel suo attivo – alla voce “portafoglio titoli” – dell’importo “tossico”, mentre le banche “salvate” hanno utilizzato il credito “stampato” non per dare finanziamenti alle imprese, ma per aumentare le loro riserve presso la FED.

La presidenza di Obama è quindi partita con questo “handicap” e i primi tre anni hanno visto l’esplosione del debito pubblico americano dai $9.008 miliardi del 2007 ai $ 13.562 miliardi del 2010, per arrivare poi ai $17.633 miliardi attuali. Una tale valanga di nuovo debito pubblico – $8.625 miliardi in circa 7 anni! – non si è mai vista nella lunga storia del mondo. E soprattutto non si è mai visto che gran parte della copertura deriva dall’intervento “creativo” della Banca Centrale. Infatti, dopo il sostegno del QE1, la FED è stata costretta a sostenere anche le enormi emissioni di titoli di Stato con il varo del QE2, QE3 e QE4 sempre con la stessa tecnica della STAMPA DAL NULLA.

Così nel bilancio della FED si assiste oggi al seguente “scempio”: al 22 ottobre 2014 alla voce “portafoglio titoli” risultano iscritti $4.214 miliardi (in aumento di ben $3.468 miliardi rispetto al 2007) e alla voce “passività totali” si legge l’importo di $4.425 miliardi (in aumento di ben $3.547 miliardi rispetto al 2007). E sotto queste cifre c’è per lo più IL NULLA, causato dai grandi difetti dell’economia americana e dei suoi protagonisti: la lobby bancaria e di Wall Street, nonché i “guardiani” inefficienti (Congresso e Banca Centrale).

Il risultato di tanta follia monetaria è che:

  • dal 2008 a oggi il valore delle azioni quotate a Wall Street è più che raddoppiato grazie al forte ribasso dei tassi d’interesse voluto dalla FED su richiesta/ricatto della lobby finanziaria/speculativa;
  • i tassi vicini allo zero hanno danneggiato i piccoli risparmiatori (per lo più possessori di investimenti a reddito fisso) e non hanno favorito l’aumento dei prestiti bancari alle piccole imprese e alle famiglie;
  • le banche hanno preferito finanziare gli speculatori di Wall Street e il riacquisto delle azioni (“buy-back”) da parte delle imprese quotate, che hanno così aumentato artificialmente i loro utili per azione (con conseguente forte crescita del valore dei “bonus” pagati ai vertici aziendali e agli operatori di Borsa);
  • la recente ripresa dell’economia Usa è quindi drogata dai continui QE, mentre la riduzione della disoccupazione è per lo più dovuta al forte aumento del lavoro precario, che costa poco;
  • non deve quindi sorprendere la continua crescita del divario tra i ricchi, la classe media e i poveri: è la conseguenza del capitalismo “stile Las Vegas”, tuttora dominante ai piani alti del Paese più potente del mondo, che prima o poi è destinato a un altro crollo, ma questa volta non più risanabile con il QE, in quanto lo impedirà il pessimo stato di salute del bilancio della Federal Reserve.

A fine ottobre – secondo il programma stabilito dalla FED – dovrebbe finire la politica monetaria espansiva. Tuttavia è probabile che il 29 ottobre la Banca Centrale decida di continuare a comprare titoli per evitare il panico che si avrebbe in presenza di emissioni non coperte dal mercato degli investitori.

È bene ricordare che negli ultimi 12 mesi la FED ha aumentato il suo portafoglio titoli di ben $648 miliardi, di cui $353 miliardi di titoli di Stato e $315 miliardi di obbligazioni ipotecarie. Non si vede chi potrebbe assorbire nei prossimi 12 mesi tale maxi-importo, a meno di un sensibile rialzo dei tassi d’interesse che per il momento la Banca Centrale non vuole.

Janet Yellen è pertanto “condannata” a proseguire la folle politica del QE varata dal suo predecessore, Ben Bernanke. Ma prima o poi arriverà la resa e l’inevitabile crollo della costruzione di carta più artificiale del mondo, una costruzione – ironia (e tragedia) della sorte – che si fonda sul dollaro…

E la BCE dovrebbe ora seguire l’esempio della FED? No, perché Draghi non cadrà nella stessa trappola, grazie anche alla migliore situazione bancaria e finanziaria dell’Europa rispetto agli Stati Uniti. Il nostro QE non riguarderà l’acquisto di titoli di Stato né di titoli “tossici”, bensì l’acquisto di obbligazioni possedute dalle banche, che con il ricavato dovranno finanziare investimenti produttivi delle imprese europee. Non si tratta quindi di un soccorso destinato a finire nelle riserve bancarie della Banca Centrale, ma di risorse finanziarie aggiuntive finalizzate allo sviluppo dell’economia reale.

Abbandonare l’euro per il dollaro? Lo faccia pure chi non sa leggere la vera realtà delle cifre. Comunque prepariamoci a tempi ancora più difficili degli attuali e non demonizziamo la Germania: è l’unico Paese al mondo che sa fare bene i conti. Da tre anni ha iniziato a ridurre il suo debito pubblico e ciò non ha impedito la sua crescita, sostenuta dalla straordinaria forza delle sue esportazioni, indice di efficienza e quindi di grande capacità competitiva, anche della sua classe politica, gigantesca rispetto ai nostri lillipuziani (che diventerebbero giganti, se – invece di prendersela con le giuste regole dell’austerità – riuscissero a ridurre la corruzione, la pressione fiscale e l’evasione fiscale, vere cause dei problemi economico–sociali dell’Italia).

Ma ora anche l’economia tedesca è in frenata: è l’effetto negativo delle sanzioni economiche imposte alla Russia. Il sogno di Luigi Sturzo di una Europa che va dal Portogallo agli Urali va realizzato. Anche per far capire agli Stati Uniti che non ci piacciono compagni di viaggio dotati di potenti quanto illusorie “stampanti”.


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